Roma, martedì 4 febbraio 2014 – Arbeit mach frai (il lavoro rende liberi) . Al teatro Stanze Segrete di Roma, dal 28 gennaio al 2 febbraio è andato in scena un racconto inedito sull’Olocausto, con testimonianze e poesie rilasciate da chi ha visto la sua vita spezzata nei campi di stermino. Lo spettacolo prodotto da Giorgia Piracci, Dario de  Francesco e Giovanna Pannozzo, vedrà la partecipazione di Maurizia Grossi. Una cornice insolita quella scelta dalla compagnia per in sceneggiare Arbeit mach frai. Ma che ha saputo renderla unica in tutto e per tutto, a partire dall’ allestimento della sala con una semplice panchina recintata da filo spinato, alla stanza del Reich sul soppalco. Le musiche, i dialoghi, i  pezzi che riproducevano i discorsi di Hitler,  hanno immerso e commosso la platea dalla realtà cruda delle testimonianze e dalle memorie dei lager ricalcate dagli attori. Particolare e di grande effetto l’ interazione degli attori con il pubblico consegnando loro tra le mani oggetti come bottiglie d’ acqua, sapone e un tozzo di pane facendo diventare il pubblico protagonista ed a immedesimarsi della vittima di un militare delle SS.

Ci troviamo nella primavera del 1945 quando vennero aperti i campi di sterminio e più di 5 milioni di Ebrei si preparavano a subire il più grande genocidio che la terra abbia mai assistito, per mano della Germania nazista. La distruzione di circa due terzi degli ebrei d’ Europa  avvenne con lo sterminio fisico da parte di reparti speciali proprio in strutture di annientamento site in luoghi dove all’ ingresso sovrastava la scritta Arbeit mach frai. Una scritta simbolica che sintetizzava in modo beffardo le menzogne dei campi di concentramento, nei quali i lavori forzati, la condizione disumana di privazione dei prigionieri molto ben interpretate dagli attori, e il destino finale della morte  contrastavano con il significato opposto del motto stesso. L’intento è quello di non dimenticare. Non Dimenticare mai i crimini  contro l’ umanità commessi ad Auschwitz, Treblinka, Bergen-Belsen, Birkenau, Dachau e che tutt’oggi  si cerca di comprendere e superare quell’eredità d’orrori e bestialità che il Terzo Reich ci ha lasciato.

Francesco Agnese