Roma, lunedì 9 luglio 2018 – Si è aperta con l’assaggio di una bollicina metodo ancestrale del 2016, la degustazione dei vini dell’Azienda Buglioni, una cantina molto giovane situata nella zona della Valpolicella. In particolare a Corrubbio di San Pietro in Cariano a Verona. Il vanto dei proprietari è quello di puntare su alcuni vini innovativi, sia sul fronte del gusto che su quello enologico. È infatti questo un aspetto peculiare dei suoi vini, spiegabile anche con la curiosa acquisizione da parte della famiglia Buglioni dell’azienda, con solide radici nel campo dell’abbigliamento. Un passaggio avvenuto quasi per caso. Per uno di quei tiri della sorte, per cui un rustico, voluto per un desiderio di pace e di bellezza dei luoghi, si è rivelato essere un appuntamento con il destino che ha trasformato la vita di Mariano, oggi imprenditore vitivinicolo. «Un coup de Dès jamais n’abolirà l’Hazard», scriveva l’ermetico Stephane Mallarmé, che in traduzione significa “un colpo di dadi non abolirà mai il Caso”.

L’azienda di fatto nasce nel 93. Il rustico, in pratica il colpo di dadi, oggi mirabilmente ristrutturato, si portava in dote anche 10 ettari di terreni, di cui cinque vocati a Valpolicella (il Caso). All’inizio, la famiglia Buglioni aveva pensato solo a conferire le uve, per non sprecare il prodotto dei suoi campi, realizzando alla fine della vendemmia una piccola festa del vino. È stato così per alcune annate, ma poi dal 2002 le cose si sono fatte serie e con l’arrivo di un enologo professionista è partita a pieno ritmo la cantina, divenuta operativa dal 2004. Oggi produce vini interessanti, come la bollicina metodo ancestrale, che ha accolto gli invitati in apertura di degustazione, il Valpolicella e il Valpolicella Superiore, assaggiati il primo nell’annata 2016 e il secondo del 2015. Due vini simili per profumi e aromi anche se, a giudicare dai palati raffinati presenti alla degustazione, tra i due ha riscosso maggiore consenso il più giovane, il Valpolicella 2016, dal gusto volutamente acerbo, che presentava una nota acida piacevole e giovanile, pur offrendo i sentori tipici di quella terra.

Altro vino, degustato con attenzione e arricchito delle spiegazioni del fondatore e attuale direttore commerciale, è stato il Ripasso, un blend di vitigni che riposa sulle vinacce di Amarone, raggiungendo un gusto suggestivo e in parte ingannatore. Tanto che è stato chiamato “il Bugiardo” ed è oggi il brand ambassador dell’azienda. Una parte delle uve è vinificata subito dopo la raccolta (terza settimana di settembre); la rimanente viene messa ad appassire fino a novembre. Dall’uva vinificata fresca si ottiene così un vino destinato alla tecnica del ripasso sulle vinacce dell’Amarone. L’uva appassita viene vinificata a novembre e fatta macerare per 20 giorni a contatto con le bucce. Dopo avviene l’assemblaggio del vino ottenuto da uve appassite con quello ripassato che va incontro alla fermentazione malo-lattica, per addolcirne il gusto e renderlo più rotondo al palato. Il costo si aggira intorno ai 22/28 euro.

Infine, ci siamo dedicati all’Amarone, che per scelta dell’enologo e del responsabile, dal 2010 non fa più la maturazione in un solo legno. Dal 2010 infatti utilizza un mix di legni francesi, dell’Alsazia e altri provenienti dal Belgio e dall’Austria. Le uve vengono raccolte a settembre e il tempo di appassimento è di circa tre settimane. Il prodotto va anche in acciaio per 10 mesi. E in genere si esce dopo 5 anni. Questi passaggi, l’uso dei diversi legni e l’affinamento anche in acciaio donano una nota di freschezza che stupisce in un vino solitamente strutturato e dal gusto classico come è l’Amarone in genere. come ha affermato con chiarezza Mariano Buglioni «il futuro enologico dell’azienda vira decisamente verso la freschezza, senza perdere però il gusto tipico della Valpolicella». La tradizione è importante, ma anche i nuovi gusti del pubblico lo sono. Bisogna quindi innovare, sperimentare, provare e mettersi in gioco. Sono tante le sfumature che vanno dal calcolo fino all’azzardo, e spesso il destino di un vino è in quelle pieghe.

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