Roma, lunedì 30 maggio 2016 – Asamoah in cambio di Cuadrado. Pereyra via. Quasi sicuro Dani Alves. In più si tratta Mascherano e Andrè Gomes, ma si attende di sapere cosa farà il Real con Morata e Morata con la Juventus. Vinta la Coppa Italia, chiuso il capito scudetto, ecco che la Signora è impegnata da subito sul fronte mercato, per battere le avversarie in casa e soprattutto vincere la Champions League. Incominciano a girare i nomi. I giornali iniziano la giostra. I dirigenti diventano protagonisti e si divertono, appena è possibile, a sviare, ad alludere, ad affermare, a smentire. La Juventus da alcune stagioni ha l’abitudine di chiudere il mercato, quando ancora lo stesso non è aperto. O meglio ha l’abitudine di chiudere il mercato, quando per le altre si apre – il 1 luglio. Per quella data Marotta e Paratici avranno già fatto tutte le loro pianificazioni strategiche e si tratterà solo di una questione di transfert. Di carte bollate per i giocatori da una parte e di cash dall’altra. Presto o tardi però tutte le altre squadre faranno lo stesso e giocheranno al gioco dell’estate, far impazzire i giornali e far sognare i tifosi. Comunque vadano le cose ogni commento sul valore dei giocatori trattati dai bianconeri appare superfluo, così come apparvero superflui e comunque sbagliati i commenti all’indomani dell’ingaggio di Pirlo, di Evra, di Khedira e di altri che poi in effetti hanno reso grande la Juventus in questi cinque anni.

Sullo stesso piano di Evra e di Pirlo, ma anche in un certo senso di Tevez, che quando arrivò era avanti con gli anni e sembrava un ex campione, sono o si possono considerare Dani Alves (33 anni) e Mascherano (31), che la Juventus sta inseguendo con forza in questa prima parte di mercato estivo. Il brasiliano, da anni colonna del Barcellona, sembrerebbe ormai ad un passo, svincolabile a parametro zero come ama la Signora. Per il secondo ci vorrà, dicono gli esperti, una lunga e onerosa trattativa. Se arrivassero entrambi vorrebbe dire che la dirigenza vuole giocare le sue carte fino in fondo, per vincere la Champions. Non importa che i due siano oltre con l’età e, come Tevez, hanno la prospettiva di giocare un paio d’anni al massimo (forse Mascherano potrebbe fare qualche stagione in più). Quello che importa è che portino abbastanza esperienza da spendere in Champions. Con loro due la rosa si arricchirebbe di gente che ha giocato e vinto la coppa più ambita da tutti i bianconeri. È forse una questione di esperienza, di calma e di capacità mentale. E la Juventus vuole allestire una squadra che sappia abbinare doti tattiche e tecniche alla giusta consapevolezza dei propri mezzi. Con questa doppia operazione – se andrà in porto – la dirigenza ancora una volta dimostra di non essere all’altezza della altre 6-7 squadra in Europa che possono permettersi di spendere grandi capitali per allestire compagini piene zeppe di campioni. Però ci è vicina. Al momento è ancora in quel limbo per cui se non ti puoi permettere di mettere mano al portafoglio e tirare fuori 150 milioni per una campagna acquisti di rilievo, fai di necessità virtù. Ti compri un grande campione spendendo 40 milioni. Ne prendi un altro a parametro zero (o giù di lì). Vendi un paio di buoni elementi (Asamoah e Pereyra) per acquistarne un altro di caratura.

Diciamo che questo nuovo mercato della Signora ricalcherà quello dello scorsa estate. In più la novità è che la Signora da qualche anno è diventata molto attenta ai giovani campioni, in Italia e all’estero. Questo le permetterà di acquisire giocatori, spendendo meno e, come è accaduto per Pogba, formandoseli in casa. Detto questo, con buone probabilità anche il prossimo campionato italiano sarà monopolizzato dai colori bianconeri. Difficilmente, se non arrivano capitali freschi, in Italia qualche squadra potrà competere con una pianificazione che arriva da lontano e che ha rispettato ogni fase per trovare un’organizzazione che, come un meccanismo di orologio, funzioni in modo integrato. Da questo punto di vista, la Juventus ha da insegnare tanto agli americani di Pallotta, quanto agli asiatici di Thohir. E naturalmente ha da insegnare molto di più alle presidenze italiane, che spesso vivono giorno per giorno, senza programmare il domani. Il Governo ci mette del suo, questo va detto. In Italia ci sono troppi vincoli che non consentono di procedere in maniera spedita per la costruzione, ad esempio, di stadi di proprietà. Un modello che è necessario per lo sviluppo e la crescita del movimento e per limitare anche la violenza negli stadi. Un’amministrazione cittadina forse non riesce e non può adottare efficaci politiche di contrasto alla violenza degli stadi, perché magari si ha paura di perdere voti. Un’azienda provata com’è una società di calcio può benissimo invece contrastare il fenomeno limitando gli accessi. Ma questa è un’altra storia. Per il momento, prima degli Europei di Francia, facciamoci pure una bella scorpacciata di calcio parlato e sognato.