La crisi non pare aver svelato le sue più terribili carte. L’Europa soffre, ma in Italia si teme il peggio: il debito aumenta e Pd e Confindustria invitano il Governo ad attuare serie riforme strutturali uniche  a poter risollevare le sorti della nostra debole economia

di Andrea Aidala
aaidala@lacittametropolitana.it

Roma, sabato 14 febbraio 2009 – Nel 2008 il Prodotto Interno Lordo italiano, rispetto all’anno precedente, ha subito una riduzione pari a 12.009 milioni di euro. Nel quarto trimestre dello scorso anno, infatti, il Pil del belpaese ha fatto registrare un calo dell’1,8% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2007. Si è ridotto dello 0,9% anche il Pil corretto ai soli giorni lavorativi: si tratta del peggior dato dal 1980, ovvero da quando esiste questo tipo di rilevazione. Lo ha reso noto l’Istat, l’istituto nazionale di statistica. Il tonfo italiano è tra i peggiori nel vecchio continente anche se c’è chi più ha sofferto come Irlanda, Islanda e Germania. Quest’ultima, secondo i dati diffusi dalla Destatis, ha ceduto il 2,1% della sua ricchezza rispetto all’anno precedente, la frenata più brusca dal 1987, nonostante il Governo Merkel abbia in tempi molto brevi approvato un piano anticrisi da 81 miliardi di euro. Se la sono cavata meglio Francia ed Inghilterra. La prima ha subìto una flessione del suo crescere dell’1,2% negli ultimi mesi del 2008 anche se è riuscita a chiudere l’anno col segno positivo, +0,7%, mentre l’economia inglese è arretrata dell’1,5% nel quarto trimestre e dell’1,8% su base annua.

Il presidentre BCE, Jean-Claude TrichetSecondo la Banca Centrale Europea «L’impatto sensibilmente negativo delle turbolenze finanziarie sull’attività economica reale resta accentuato da una forte contrazione del commercio internazionale»,  aggiungendo che «le prospettive per la crescita economica internazionale rimangono estremamente incerte ed i rischi sono orientati al ribasso». Il presidente della centrale euro, Jean-Claude Trichet, ha invitato i Governi d’Europa, e non solo, a desistere dalle tentazioni d’attuazione di politiche protezioniste poiché l’impatto di tali misure “sulla crescita economica e sul benessere delle persone” potrebbe rivelarsi sostanzialmente negativo in un mondo globalizzato.

In Europa il futuro appare quindi più che mai incerto, ma quello italiano desta maggiori preoccupazioni. Confindustria e la stessa Commissione europea hanno paventato la possibilità che il Pil nostrano potrebbe subire un’ulteriore contrazione superiore ai due punti percentuali. Prospettiva di per sé inquietante e aggravata dalle terribili condizioni in cui versano i conti pubblici. Secondo la Banca d’Italia l’indebitamento continuerebbe a crescere: a novembre 2008 le passività statali sono state pari a 1686,5 miliardi di euro, caduta causata principalmente dal forte calo dell’entrate tributarie, soprattutto quelle calcolate sui livelli di produzione e di profitto delle imprese, Irap ed Ires. Se poi si pensa che la crisi finanziaria mondiale, a quanto sostenuto da più economisti e dallo stesso direttore del fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, “non abbia ancora pienamente intaccato l’economia reale” e svelato le sue più terribili carte, la paura di un possibile crollo italiano si fa sempre più concreta. Il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, per la prima volta dal tonfo di Lehman Brothers, si è detto preoccupato dalla tempesta economica lasciandosi alle spalle il suo decantato ottimismo. È indubbio, come lo stesso premier ha più volte dichiarato, che i comportamenti privati possano in qualche modo influire sull’andamento della crisi (smettere di consumare implicherebbe inevitabilmente il fallimento di molte aziende), ma i problemi di cui il nostro paese è schiavo trascendono lo spendere quotidiano della comune gente. Il nostro paese soffre di handicap profondi le cui cause sono rintracciabili in un lontano passato. Analisi che ha trovato l’accordo del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ha invitato il Governo a fare di più ed inoltre “avviare serie riforme strutturali che rendano i nostri conti pubblici credibili e sostenibili nel futuro”.

Il leader del PD, Walter VeltroniIntanto il segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni, che da tempo insiste nel definire la crisi tutt’ora in atto un’ “autentica emergenza nazionale”, ha presentato oggi al Tempio di Adriano in piazza Pietra a Roma il pacchetto anticrisi concertato dall’Esecutivo ombra. Il leader del Pd ha giudicato indispensabile, pare raccogliendo gli inviti da più parti pervenuti e, tra i tanti, dal Sole24ore come del resto dal nostro giornale, lacittametropolitana.it, proseguire sulla strada delle grandi riforme.
16 miliardi di euro per finanziare una riforma degli ammortizzatori sociali tale da consentire la creazione di un sistema universale di garanzie sociali, incrementare il potere d’acquisto delle famiglie attuando una riduzione della pressione fiscale sui redditi medio-bassi e imprese, sviluppare gli investimenti pubblici per infrastrutture, attuare politiche di valorizzazione e difesa dei prodotti italiani e avviare un nuovo corso all’insegna dell’ecologia. Un piano importante la cui attuazione appare a tutti desiderabile, ma che incontra serie difficoltà, prima tra tutte il reperimento delle risorse necessarie per sostenerlo.


 

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