Roma, sabato 29 gennaio 2011 – “Gli scatti della crisi”, in mostra presso le Officine Fotografiche di Roma dal 24 gennaio al 21 febbraio. Un intero spazio per un resoconto visivo di quello che è il mondo oggi. Le opere di 19 fotoreporter provenienti da tutto il mondo vanno a costituire un intero puzzle di testimonianze reali, sotto gli occhi di tutti. A organizzare l’iniziativa è la rivista Loop, che definisce sé stessa “le mille forme dell’auto-rappresentazione quotidiana, la testimonianza più ruvida della nostra sconfitta”. Protagonisti dell’esposizione sono tutti autori che hanno collaborato con Loop, nata in Italia contemporaneamente al sorgere dei primi segnali di crisi provenienti dagli U.S.A. Tra questi, ricordiamo Pietro Masturzo, il giovane trentenne napoletano, vincitore del premio World Press Photo nel 2009 con lo scatto “Sui tetti di Teheran”, triste testimonianza della protesta studentesca contro il neo-eletto Ahmadinejad. Questa volta, invece, racconta la liberazione di Aung San Suu Kyi, capo della fazione nazionalista del partito comunista birmano, costretta a 18 mesi di arresti domiciliari. Ancora, il romano Giancarlo Ceraudo – già noto per le sue pubblicazioni con il National Geographic, El Pais e l’Internazionale – il quale, negli ultimi anni, ha focalizzato la sua attenzione sulla crisi che dal 2001 ha coinvolto i paesi dell’America Latina. Tra gli autori stranieri, Ashley Gilbertson, conosciuto per le sue immagini della guerra in Iraq, vincitore nel 2004 del National Photo Awards, come fotografo dell’anno.

Spiega Stefano Simoncini, photoeditor di Loop:“Mentre tutto si frammenta e personalizza, si fa instabile e transitorio, dai rapporti umani ai rapporti di lavoro, all’informazione, abbiamo cercato di costituire una visione condivisa della realtà che ci circonda, di far trasparire la struttura nascosta degli interessi e dei conflitti, di far affiorare storie di eroi ignorati”. In effetti, pare che l’intento de “Gli scatti della crisi” sia proprio questo: tante zolle di terra si confessano in dostoevskijane memorie del sottosuolo, col solo scopo di dire il Vero. Perché la forza degenerativa della crisi e dei suoi uomini, come il sole, è già in mezzo alle cose. Come una frase, l’immagine – e con essa il suo significato – piomba su di noi alla maniera di un lampo. Poi ci si ferma a osservare i piccoli frammenti, i particolari, le pennellate, le parole. Così ecco che la guerra in Iraq, l’immondizia di Napoli e i barboni di New York si ricompongono tra le memorie di questo millennio. Non dimentichiamole.

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