Caserta, mercoledì 7 novembre 2012 – “Henri Cartier-Bresson. Immagini e parole” è il titolo della mostra che è stata inaugurata il primo novembre all’interno dei sontuosi Appartamenti Storici della Reggia di Caserta. Organizzata dalla Soprintendenza in collaborazione con la Fondation Cartier-Bresson, Civita e Magnum Photos e visitabile fino al 14 gennaio, la mostra accoglie quarantaquattro fotografie in bianco e nero scattate dall’ormai leggendario maestro francese, corredate dai preziosi commenti di penne illustri, tra cui quelle di Kundera, Sciascia e Miller. La selezione delle fotografie tra le più suggestive dell’artista è il frutto di un’idea nata in occasione dell’ultimo compleanno del fotografo, per il quale i suoi amici più intimi chiesero a critici, scrittori ed intellettuali di scegliere la loro immagine preferita tra quelle immortalate dalla inseparabile Leica di Bresson e di impreziosirla con una chiosa.

Ne deriva un’ordinata, provocante sequenza di immagini che non immortalano un attimo qualunque, bensì “le moment decisif”, quel momento decisivo in grado di inglobare l’impercettibile essenza di un attimo, turbando l’occhio dell’osservatore e  prendendosi gioco del tempo. Quello di Bresson è un occhio posizionato “sulla  stessa linea della testa e del cuore”, come lui affermava, che se pure chiuso riesce a centrare il bersaglio, quel particolare unico intriso di valore, grondante vita e coerente con una forma semplicemente perfetta, un assetto imposto dallo sguardo di cui l’artista si è sempre dichiarato innamorato.

Tra quelle mura della Reggia di Caserta si dispiega un’intera vita trascorsa a rincorrere, catturare, intrappolare l’attimo risolutivo, che solo un occhio geniale, sensibile può cogliere. Macerie sfruttate come giochi da bambini alla ricerca di un’infanzia perduta, una Parigi spettrale, il volto austero di Adenauer, quella Domenica sulle sponde della Marna, idillio del pic-nic francese: ogni immagine captata dall’occhio attento e dinamico di Bresson, che intercetta l’evento  per estrarne la vita e renderla immortale, è carica di straordinaria tensione. Dall’uomo alla bestia, dall’Occidente all’Oriente, Bresson riversa in ogni sua immagine la passione per il surrealismo, il rispetto della forma, il rigore interiore. Come un pescatore che ha già il pesce all’amo, a Bresson non resta che colpirla la vita, incrociare ogni suo momento apicale con occhio fermo e sensibile. Una dote, questa, non acquisibile. D’altronde lui stesso ripeteva che non si può imparare a fotografare.

Mariangela De Maria

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