Roma, lunedì 19 novembre 2012 – Fino al 21 dicembre al teatro Quirino Luca Barbareschi e Filippo Dini sono gli indiscussi protagonisti de “Il discorso del re”. Un testo nato in origine per il teatro e tradotto nella pluripremiata pellicola cinematografica di Tom Hooper. Nel 2010 trova il primo successo con l’interpretazione di Colin Firth e Geoffrey Rush. Ma la sceneggiatura di David Seidler è più cruda nei suoi reali tratti storici e umani, e Barbareschi regista si assume l’arduo compito di riprodurne uno spettacolo teatrale all’altezza del film: “Inutile nasconderlo: è una grossa responsabilità. Perché se lo spettacolo è brutto lo spettatore può dire ‘era meglio il film’. A parte questo però, il privilegio di fare teatro è quello di confrontarsi con un pubblico colto, più ristretto magari, ma con cui è più facile dialogare e tentare progetti meno scontati”.

La scenografia semplice ed essenziale si compone di pannelli mobili che si aprono e chiudono in sequenza gerarchica, mettendo in primo piano l’ingresso monumentale di Buckingham Palace e sullo sfondo la proiezione di un persuasivo Hitler nella sua dialettica incomprensibile, ma guardata con ammirazione dal Capo dello Stato. La vita privata di re Giorgio VI si interpone tra queste due realtà: i discorsi alla nazione e la convenzionale apparizione della famiglia reale in balcone, una felice visione che non concede errori e inadeguatezze. Le strutture ruotano e diventano l’Abbazia di Westminster, il Palazzo, la casa di Lionel, con uno studio accurato dei costumi e dei caratteri dei personaggi: i primi ministri Chamberlain e Churchill, l’arcivescovo di Canterbury, le mogli dei due protagonisti, Myrtle e la futura Regina Madre Elizabeth.

Lionel, tornato in Australia, introduce lo spettacolo. Solo, sul palco, è intento a leggere una lettera, la stessa che alla fine chiuderà la storia e il lungo flashback di ricordi e di gratitudine, firmati dal suo amico “Bertie”, il re. Sullo sfondo storico viene descritta l’Inghilterra tra gli anni 20 e 30, allarmata da una serie di eventi: la morte del re Giorgio V, lo scandalo dell’abdicazione del primogenito e il pericolo della seconda guerra mondiale ormai imminente. La nazione ha bisogno di una personalità forte, capace di guidare il popolo e di conquistarsi la sua fiducia. Compito arduo assolto dal re Giorgio, che affronta polemiche e pettegolezzi sulla sua balbuzie, vista come segno di debolezza e fragilità, caratteristiche non appropriate per un re, soprattutto in un’epoca in cui la radio inizia ad avere un ruolo fondamentale. Così ne parla Dini in un’intervista: “La difficolta fisica è trovare la qualita della balbuzia, dell’impedimento. Quest’uomo vive con un problema fisico che lo limita nella sua vita privata e pubblica. Una storia di amicizia attraverso la quale riesce a superare il suo limite, accompagnando il suo popolo in uno dei momenti più drammatici della sua storia”.

Barbareschi valorizza e rafforza l’importanza del dialogo e della comunicazione, facendo dello spettacolo un inno alla voce e una celebrazione della parola. La lingua rappresenta l’uomo e l’eredità del popolo, in una società in cui ciò che non ha nome non esiste. I filmati mostrano come un personaggio carismatico possa trascinare una nazione come la Germania, preparata filosoficamente e culturalmente, verso la distruzione. “Lo spettacolo mette al centro la parola, – dice il regista – un valore che abbiamo perso, sommersi come siamo dalle immagini – e continua parlando del suo personaggio – Lionel Logue è logopedista per sbaglio e un attore fallito che salva un re e nello stesso tempo tutta l’Europa. Molti non sanno che i reali inglesi sono di origine tedesca e che se Giorgio non fosse andato al trono ci sarebbe andato il fratello filonazista. Secondo me questo spettacolo è una bellissima metafora dell’arte rispetto al potere”.

Della balbuzie del re e del suo logopedista non è riportato niente nei documenti ufficiali. Seidler si è impegnato in numerose ricerche negli anni, bloccate inizialmente dalla mancata autorizzazione della Regina Madre, che rispondeva alla sua richiesta: “Per favore, signor Seidler, non durante la mia vita. Il ricordo di quegli eventi è ancora troppo doloroso”. Lo scrittore racconta: “Nel 1982 la Regina era una donna molto vecchia. Quanto tempo avrei dovuto aspettare? Non sapevo che avrebbe vissuto fino all’età di 101 anni. Durante i 20 anni successivi ho messo da parte l’idea. Anche dopo la morte della Regina. Ma alla fine del 2005 mi è stato diagnosticata una forma di cancro alla gola. Allora ho pensato ‘Beh, David, se non racconti ora la storia di Bertie, quando esattamente hai intenzione di farlo?’. Una commedia leggera e drammatica, ricca di ironia e malinconia, in cui risate e lacrime nascono dalla solidarietà per le difficoltà umane.

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