DI MASSIMO MARCIANO
Ci vorrebbe il sempreverde Giovanni Trapattoni, con il suo proverbiale «Non dire gatto se non l’hai nel sacco», a dire la sua sulla estenuante sequela di anticipazioni e ritrattazioni durante la lunga e complessa gestazione del Decreto Rilancio nato oggi. E a ricordarci che l’esperienza recente ci dice che tra il testo annunciato alla stampa e quello che poi andrà in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ci possono essere manine birichine con ritocchini dell’ultimo minuto. Ma la complessità enciclopedica del testo e soprattutto la paziente opera di mediazione fra le esigenze di tutte le anime della maggioranza di governo fanno legittimamente supporre che quanto annunciato sarà ciò che verrà letteralmente tradotto nel testo in vigore: una vera e propria manovra del valore complessivo di 55 miliardi.
E così per i professionisti e i parasubordinati che hanno chiesto e ottenuto ad aprile il bonus di 600 euro relativo a marzo arriverà dalla propria Cassa professionale in automatico un altro bonifico, riferito al mese successivo, senza bisogno di reiterare la richiesta. Con la riserva da parte del governo di decidere un’integrazione fino a mille euro riferita a maggio per i liberi professionisti iscritti all’Inps che abbiano subito una riduzione di almeno un terzo del reddito nel secondo bimestre 2020 rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.
Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha annunciato che sono complessivamente 25,6 miliardi i fondi destinati per il settore del lavoro. Che vede anche finanziare un nuovo meccanismo che prevede l’erogazione di una parte della cassa integrazione attraverso l’Inps ai lavoratori. «Ce ne sono tanti che non l’hanno ottenuta perché i meccanismi di quella regionale, quella in deroga, sono molto farraginosi e siamo intervenuti per riformarlo», ha affermato il titolare del dicastero economico, con quello che appare un accenno critico nei confronti dei ritardi di alcune Regioni e delle loro polemiche con il governo centrale.
Entro giugno è previsto il termine delle domande per il reddito di emergenza: due quote mensili da 400 euro ciascuna per i nuclei familiari in difficoltà economica a causa dell’emergenza Covid-19. Per i lavoratori previsti anche innalzamento dei periodi di congedo parentale, indennità in favore di lavoratori domestici, estensione del termine di divieto di licenziamenti, aumento del bonus baby-sitter, agevolazioni per lo smart working, aumento di 12 giornate dei permessi retribuiti per assistere familiari beneficiari delle misure di assistenza previste dalla legge 104.
Nel pacchetto anche tagli fiscali, come ha annunciato in conferenza stampa il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: «Fare oggi uno sconto fiscale per tutte le imprese significa erogare una forma indiretta di liquidità, significa lasciare nelle casse delle società delle somme di danaro. Non abbiamo definito una riforma del sistema fisco, è un intervento una tantum. Il nostro obiettivo è affrontare in prospettiva una più complessiva riforma del fisco ma non possiamo farlo in queste condizioni. Bisogna affrontare prima l’emergenza».
Il governo ha quadrato il cerchio del tiramolla che ha visto le forze di maggioranza sul filo delle rottura in merito al permesso di soggiorno per i cittadini stranieri impiegati nei lavori in agricoltura. È consentita la regolarizzazione del soggiorno ma sono inserite anche disposizioni sulla permanenza dei procedimenti penali per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a carico di datori di lavoro e per i reati riguardanti il reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, per il reato di riduzione in schiavitù o per caporalato.
«Da oggi gli invisibili saranno meno invisibili», ha commentato a questo proposito la ministra delle politiche agricole, Teresa Bellanova, accompagnando le sue parole con quella commozione tipica di chi nei campi ci ha vissuto, chi ha creduto in una battaglia che nella sua stessa maggioranza c’era chi guardando ai sondaggi elettorali definiva “impopolare” e chi, per una volta, non appende bandiere di partito. Lacrime che non hanno mancato di attirare le critiche di chi ha la necessità di certificare la propria esistenza in vita con il proprio commento quotidiano sul proprio profilo social sul “trend topic”, che si tratti di temi di medicina, economia, relazioni internazionali o ingegneria aerospaziale. Magari le stesse persone che il giorno prima hanno criticato il sorriso di Silvia Romano. Perché si sa che una donna, che pianga o sorrida, ha sempre la stessa colpa: non stare “al suo posto”.
L’enciclopedica vastità del decreto e la sua lunga gestazione, conseguente alla spasmodica ricerca dell’unità fra le varie e “frizzanti” anime della maggioranza parlamentare, ora, lasciano supporre che tutto il percorso sia stato fatto per assicurare che il passaggio parlamentare di conversione in legge dell’atto, in previsione degli attacchi delle opposizioni e per evitare “assalti alla diligenza”, sarà affrontato blindando il blocco del provvedimento con la fiducia.