Roma, giovedì 6 febbraio 2014 – Tre giorni fa, Philip Seymour Hoffman – attore premio oscar nel 2005 per  il film “Capote” – è stato ritrovato senza vita nel suo appartamento di Manhattan, dopo che il suo amico e sceneggiatore David Katz aveva chiamato il 911 non riuscendo a contattarlo da ore.  La scena che si sono trovati davanti i soccorritori, Hoffman con il laccio emostatico e l’ago ancora infilato nel braccio, insieme ad alcune fiale di eroina vicino al corpo, non lascerebbe dubbi riguardo a un’overdose, ma la polizia sta ancora conducendo le indagini.

L’attore, quarantaseienne, lascia la moglie e tre figli piccoli. In un’intervista aveva ammesso di aver avuto problemi di tossicodipendenza da giovane e di essere rimasto pulito per 23 anni, poi la ricaduta – abusando prima di farmaci, poi di eroina – e la scelta di entrare in riabilitazione, nel maggio dell’anno scorso. Unanime il cordoglio dei colleghi, nonostante l’allergia di Hoffman verso le occasioni pubbliche in generale e lo star system in particolare: «Sono una persona riservata, non penso che, solo perchè faccio questo lavoro, la mia vita debba essere automaticamente un libro aperto.  E poi, se la gente sa tutto di te, diventa più difficile entrare nei personaggi in modo credibile». Rimane quindi, oltre al dolore della perdita, la curiosità per Ezekiel Moss,  nuovo progetto di Hoffman che aveva già in mano cast (Jack Gyllenhaal e Amy Adams) e copione ( ambientato durante il Proibizionismo, parla di una vedova e di un vagabondo in contatto con gli spiriti).

Definito dal New York Times “tra i più grandi della sua generazione”, Hoffman sente già a 12 anni la passione per il mestiere di attore e nel 1989 si diploma in arte drammatica a New York. Dopo alcune esperienze teatrali e gli esordi nel cinema indipendente, viene notato dalle grandi produzioni dove debutta con Scent of a woman-profumo di donna (1992) a cui seguono Boogie Nights (1997), il cult dei fratelli Coen Il grande Lebowski, e ancora Magnolia Il talento di Mr. Ripley (1999). È nel cast di La 25a Ora di Spike Lee (2002) e lo si vede al fianco di Tom Hanks e Julia Roberts ne La Guerra di Charlie Wilson (2007), dove riceve la nomina di “miglior attore non protagonista”, così  come anche per Il dubbio (2009) e The Master (2013). È del 2010 inoltre il suo esordio alla regia con Jack Goes Boating. Al grande lavoro nel cinema, ben 63 ruoli, si affianca quello prolifico nel teatro, sia da interprete che da regista, che nel 2000 culmina con un Tony Award. Una carriera straordinaria e universalmente riconosciuta che però non ha mai costituito per l’attore né un punto di arrivo, né un riparo dalla sua fragilità; Hoffman diceva infatti di sé: «Pensavo che il grande schermo fosse riservato a persone speciali e io mi sentivo assolutamente normale».

Eliana Rizzi