Salute materna e neonatale è il tema del Rapporto annuale dell’Unicef “La condizione dell’infanzia nel mondo 2009”, presentato il 15 gennaio

di Serafina Cascitelli
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Roma, venerdì 16 gennaio 2009 – Circa 9 milioni di bambini nel 2009 non compiranno il quinto compleanno e 500 mila donne non riusciranno a conoscere il viso del proprio neonato; oltre il 98% vivono tra Asia e Africa. Sconcerto è negli occhi delle persone che hanno il coraggio di contare gli zeri di questi dati emersi dal Rapporto Unicef “La condizione dell’infanzia nel mondo 2009 – Salute materna e neonatale”, presentato nel nostro paese dal Presidente dell’Unicef Italia, Vincenzo Spadafora insieme al ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna. Il lancio del Rapporto non ha potuto tralasciare la drammatica situazione dell’emergenza, ormai regola nella striscia di Gaza, cui un accorato pensiero è stato rivolto dal Presidente dell’Unicef e dal ministro.

Paesi ricchi e paesi poveri: ennesimo incidente di percorso della corsa del nostro progresso. «Un bambino nato in un paese in via di sviluppo – ha affermato Spadafora – ha quasi 14 volte più probabilità di morire entro il primo mese di vita rispetto a un bambino nato in un paese industrializzato». La società civile ha lavorato molto nella lotta alla mortalità infantile ed è di qualche mese fa il dato positivo annunciato dall’Unicef: per la prima volta i decessi sono scesi al di sotto dei 10 milioni, quando nel 1990 le speranze di 13 milioni di bambini venivano travolte da cause mortali tutte prevenibili. Il risultato è un grande progresso, ma non può farci cullare, perché perdere ogni anno 9,7 milioni di giovani vite è inaccettabile.

Sfogliando il Rapporto, non si troverà un dato altrettanto confortante sulla mortalità materna; le future mamme non potranno godersi con tranquillità la gravidanza, perché in realtà stanno correndo uno dei rischi più seri per la propria salute. Niger, Afghanistan, Sierra Leone, Ciad, Angola i cinque paesi in cui la situazione è più drammatica. «Le donne dei paesi più poveri – ha aggiunto il Presidente dell’Unicef Italia – hanno 300 probabilità in più di morire di parto o per complicanze legate alla gravidanza rispetto alle donne dei paesi sviluppati». Questo divario, soprattutto rapportato con i paesi più poveri, è spesso definito “il più ampio divario del mondo in ambito sanitario”. Avere la fortuna di non morire spesso può voler dire essere colpite da infezioni, malattie o lesioni che possono causare disabilità permanenti.

Focus sulla situazione italiana da parte del ministro per le Pari opportunità e un solenne impegno di fare il possibile in quanto quest’anno presidenti di turno del G8. I dati relativi ai decessi in Italia sono molti contenuti, ma «anche qui c’è una percentuale di donne che muoiono – ha affermato il Ministro Carfagna – o bambini appena nati che muoiono. L’obiettivo del Governo è quello di azzerarle». Per il 2015 il quarto e il quinto degli obiettivi di sviluppo del millennio prevedono la riduzione di due terzi della mortalità infantile e di tre quarti della mortalità materna rispetto ai dati del 1990.

 
«Per salvare la vita dei bambini – ha sottolineato il presidente Spadafora – bisogna occuparsi della salute delle loro madri», attraverso l’assistenza sanitaria. Si tratta di una sfida difficile rivolta ai governi che si trovano a lavorare in continenti quali l’Africa e l’Asia, dove è drammatica, in almeno 57 paesi, la carenza di operatori sanitari che sono addirittura meno della soglia minima raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Accanto ai governi vorremmo le comunità e i mariti nell’aiutare una moglie a sfatare luoghi comuni nemici dei propri diritti o tradizioni che la vogliono a partorire in casa senza alcuna visita medica, a renderla consapevole dei danni al suo corpo e al suo bambino causati da un matrimonio precoce, ad istruirla contro i killer del suo piccolo: infezioni polmonari, morbillo, diarrea. Appuntamento al prossimo anno a numeri, si spera, con qualche zero in meno.