Roma, martedì 15 marzo 2011 – “Com’è bello fa l’amore quanno è sera…” la canzone romanesca cantata da Anna Magnani apre il sipario e ci trasporta in un ambiente umile, la cucina di una casa popolare della Roma degli anni Quaranta. Due letti al centro della stanza, sulla destra una vecchia macchina da cucina con pentole e stoviglie qua e là, tre quadretti appesi ed un calendario con la scritta 19 luglio 1943, la data in cui per la prima volta gli alleati bombardarono Roma. In quest’affresco della Roma imbarbarita dalla guerra il vero eroismo è quello dell’uomo comune in preda a timori e debolezze, mentre lotta per la sopravvivenza di sé stesso e della propria famiglia. Tra frustrazione, povertà e disperazione lo spirito d’appartenenza avrà la meglio sull’egoismo?

La regia, ad opera di Claudio Morici, arricchendo la trama con dialoghi incisivi e ad effetto, combina efficacemente il dramma alla comicità, ed attraverso la caratterizzazione dei personaggi rappresenta la realtà dell’epoca nelle sue molteplici sfumature. Un nutrito cast di attori, incarna magistralmente bontà e difetti dei personaggi qui rappresentati e ci fa rivivere le tormentate vicende di una famiglia di periferia nella misera realtà sociale dell’ultima guerra. A partire da Claudio Morici che oltre ad essere il regista della pièce teatrale, ben si cala anche nei panni di Cesare il capofamiglia che pare non sapere e non capire mai nulla di quanto gli accade attorno. Il ruolo chiave è quello della madre Annarella, interpretato dalla talentuosa attrice Maria Teresa di Gennaro che, con le sue battute ad hoc, trasmette una dirompente verve comica all’intera vicenda. Questo personaggio attorniato da persone prive di consapevolezza, seppur apparentemente indaffarato in faccende ordinarie, si fa carico di tutto, affrontando spavaldamente ogni sorta di problema e trovando rispetto ad esso inusitate soluzioni. “Qua ogni giorno tocca inventarsi qualcosa, e che ce magnamo? A questione de principio ce magnamo… Come pensi che andiamo avanti con cinque bocche da sfamare” dice in romanesco al marito. Il nonno Rocco è interpretato da uno spassoso Nanni Candelari che sputa sempre in terra sdegnosamente e dice battute estremamente esilaranti: “Quegli altri bel modo di portare la libertà, con le bombe”.  La figlia Giuliana, nei cui panni si cala la brava Federica Perotta è un personaggio femminile un po’ troppo disinvolto per l’epoca. Dice al padre: “Ma come credi che siamo andati avanti in questi anni? Roma sta morendo de fame. Io me sono organizzata, come tutti qua dentro”. Il figlio Richetto, interpretato dal bravo Patrizio Pucello, fa il ladro, ruba le armi tedesche e le rivende al mercato nero. “L’amico mio aggiusta camionette ai tedeschi, ma gli mette il ritornello, cioè aggiusta una cosa e gliene scassa un’altra, così dopo un po’ devono tornare”.  Il prete, nei cui panni si cala il bravo Angelo de Angelis è, nel suo essere pronto a sacrificarsi per tutti, la figura virtuosa della vicenda: “Noi possiamo cambiare le cose da dentro, non permettendo di farci diventare come loro, l’unico modo per non soccombere è restare fedeli alle proprie idee fino in fondo”. Ma molti altri bravi attori caratteristi, hanno dato il loro magnifico contributo, con incessante verve comica, alla realizzazione di questa pièce teatrale, in stile neorealista, dove la gestualità e le battute sono state impiegate per evidenziare specifiche caratteristiche di ogni grottesco personaggio.

Tale componimento teatrale è realizzato con la tecnica della Commedia all’italiana. Si tratta di una commedia brillante a sfondo sociale, che dissolve l’amarezza del contenuto di fondo in naturale ed allietante comicità. Questa pièce teatrale denuncia con sorriso beffardo l’assurdità di ogni conflitto e le miserevoli condizioni di vita di Roma alle prese con i travagli della Seconda Guerra Mondiale. Una ricostruzione aspra e dolorosa della realtà dell’epoca con sguardo ilare. L’atmosfera nel contempo canzonatoria e disillusoria trasporta i patetici personaggi in una dimensione comica, ed il clima paesanotto della Roma di periferia, seppur nell’incubo della guerra, conduce il pubblico a tuonanti risate.