Roma, mercoledì 5 aprile 2017 – L’Istat certifica che lo scorso anno 115 mila italiani sono andati a trovare lavoro all’estero. Tra questi raddoppia la cifra di coloro che emigrano fra i 40 e i 50 anni. Il 31% sono laureati. Questo vuol dire che l’Italia non è un paese che offre garanzie per il futuro e chi ormai non ne può più di stipendi bassi, regole non rispettate, lacci burocratici, tasse eccessive e scarsi servizi scappa. Il Governo che fa? Assiste e non muove un dito. Forma le nuove generazioni per poi vederle andare vie. L’importante è conservare i privilegi ai soliti noti. A coloro che incassano stipendi e pensioni d’oro, ma che non hanno creato nulla per il Bel Paese, anzi hanno solo sfruttato e spremuto quanto c’era da spremere, perché messi nei posti chiave per cooptazione. Fra 20 anni l’Italia sarà poverissima. Non avrà uomini preparati. Non avrà risorse tecnologiche. Non avrà la forza di rialzarsi. L’emorragia continua di giovani e meno giovani lascia un’Italia spogliata. Se poi si ragiona sul fatto che coloro che hanno studiato, laureati o diplomati, vanno via e presto o tardi si porteranno via anche le loro famiglie, l’impressione che se ne ricava è che sulla Penisola resteranno solo i più ignoranti, coloro che meno attrezzati culturalmente, dovranno lottare per un minimo sindacale.

Intanto da noi la corruzione imperversa, senatori e parlamentari sono completamente staccati dalla realtà della società italiana. A leggere instant book di giornalisti o di magistrati – ne sono piene le librerie – la fotografia che ne emerge è disastrosa. Viviamo in un paese profondamente malato che non ne vuole sapere di farsi curare, di rimettersi in gioco e di provare a competere con le regole che tutti in Europa hanno adottato. Un paese che asservisce e schiavizza, si può anche usare questa parola, i suoi cittadini sotto una tassazione esagerata, dove chi ha la partita iva deve versare allo stato la metà di quello che produce e guadagna. Pazzesco e anche insostenibile. E incostituzionale verrebbe da dire. Dove chi lavora onestamente e dichiara tutto deve convivere con un socio (lo Stato), che non gli dà niente in cambio in servizi, ma che si prende una bella fetta del suo guadagno. Lo dice la Corte dei Conti, che aggiunge: «è necessario intervenire sul debito», perché il peso del Fisco sulle medie imprese è più pesante del 25% rispetto alle concorrenti Ue. Secondo il Rapporto che ha stilato, il cuneo fiscale è superiore di 10 punti a quello nel resto d’Europa: per cui il 49% viene dato allo stato a titolo di contributi e di imposte

Un ragazzo di 20 a Londra se ha voglia di lavorare può arrivare a guadagnare dopo un anno e mezzo anche 1.600 pounds, al netto delle tasse pagate, mentre il padre da 16 anni precario in una pubblica amministrazione arriva a percepire 1400 €, sempre al netto delle detrazioni. Questa è vita vera e vissuta. Ovvio che gli italiani vogliano andare via. Via da un sistema che premia solo e sempre gli stessi. Un sistema che costringe a far fare ai figli il lavoro dei padri. Che non concede mobilità sociale. Nessuno ci vuole credere ma in Italia si vive male. Mafia, corruzione, lobby e massonerie varie hanno inquinato alle fondamenta questo paese, la cui politica è asservita agli interessi di parte. Qualche anno fa, su «la Repubblica», uscì un articolo di fondo di un rinomato professore che invitava pubblicamente il figlio a lasciare l’Italia per il suo bene. Il mondo politico e della società civile si scandalizzò. Però niente da allora è cambiato. E da qualche anno le statistiche ci dicono che sempre più persone emigrano in cerca di migliori condizioni di vita. In fondo si può vivere bene, anzi meglio anche fuori dal Bel Paese. Adesso aspettiamo i nuovi dati del 2017, che usciranno in aprile 2018, tanto siamo certi che in un anno la politica non si muoverà.

Di Stefania Basile

Sono nata nel 1977 all'estremità meridionale della Calabria tirrenica, nella città di Palmi, che si affaccia sullo stretto di Messina e sulle splendide isole Eolie. Amo le mie origini e Roma, la città dove vivo per motivi professionali. Come diceva la grande Mia Martini: «il carattere dei calabresi a me piace moltissimo. Possiamo sembrare testardi, un po' duri, troppo decisi. In realtà siamo delle rocce, abbiamo una grande voglia di lavorare e di vivere. Io non sono di origine, io sono proprio calabrese!».

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