Non accennano a placarsi le polemiche all’interno della Maggioranza, a pochi giorni dalla ripresa dei lavori in Parlamento. Sempre più nitido lo rischio di elezioni anticipate o di un Governo Tecnico per porre mano alla Legge elettorale

di Thomas L. Corona
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Roma, giovedì 19 agosto 2010 – «Se si dimette fa bella figura e blocca la corsa alle elezioni». È questo l’invito che il leader della Lega e Ministro per il Federalismo Umberto Bossi rivolge alla terza carica dello Stato Gianfranco Fini. Un invito a disinnescare il pericolo di nuove elezioni, in cui si è gettato a capofitto il Presidente del Consiglio Berlusconi, dopo il voto alla Camera sul sottosegretario Caliendo e la nascita del gruppo di Futuro e Libertà. Se Fini lasciasse la presidenza della Camera «toglierebbe argomenti a Berlusconi», è il ragionamento di Umberto Bossi, e forse si potrebbe anche recuperare il rapporto tra i due. L’esternazione, avvenuta durante la cena di compleanno del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, appare più che altro come una nuova provocazione alla quale non sembra credere nemmeno lo stesso Bossi. Alla domanda infatti su cosa dovrebbe fare poi Fini, una volta lasciata la presidenza della Camera, il leader della Lega ha risposto ironico: «Aprire un’agenzia immobiliare», riferendosi alle vicende della casa di Montecarlo, che coinvolgono il fratello di Elisabetta Tulliani, compagna di Gianfranco Fini. Una boutade che forse cela un fondo di verità: come salvare Maggioranza e Governo. Detta però da un leader che sembrerebbe avere tutto da guadagnare dalle elezioni anticipate. Se fai così Silvio Berlusconi potrebbe scendere a patti. È quasi uno scoprire le carte prima della puntata. Perché verrebbe da chiedersi?

Forse perché a temere le elezioni anticipate è anche la stessa Lega di Governo, che in questi anni ha votato tutte le leggi ad personam, volute dal Premier Berlusconi, molte delle quali hanno introdotto una diffusa impunità tra i colletti bianchi. In questi ultimi mesi Bossi ha commesso una serie di gaffe, andando a minare la propria credibilità di fronte agli elettori. La legge bavaglio ad esempio, appoggiata dalla Lega, fino al momento in cui la componente finiana non ne ha fatto una questione morale, riscuotendo successi nella società civile. Bossi allora si è sfilato e adesso la proposta di Legge è ferma alla Camera, in attesa di essere approvata con le modifiche introdotte da Giulia Bongiorno. La Lega poi è coinvolta nel caso Brancher, ministro per soli dieci giorni. Difficile credere che l’enturage leghista con il forte manipolo di ministri e sottosegretari non sapesse e non approvasse la nomina. Così come è difficile credere che nessuno di loro non sapesse quanto stava avvenendo in Protezione Civile. Ma nessuna denuncia è partita dai banchi leghisti. Altro scivolone sono state le quote latte, con la protezione accordata ali allevatori che hanno eluso le leggi europee, costringendo il Paese ha pagare pesanti sanzioni. Inoltre come potrebbe spiegare ai propri elettori, che da dieci anni aspettano il Federalismo, che ancora una volta con una larga maggioranza in Parlamento e al Senato Bossi non è riuscito a portarlo a casa? Viene quasi da sospettare che sotto sotto il federalismo non lo voglia poi così tanto.

La lega sta facendo una miope campagna elettorale tutta giocata allo sfascio istituzionale, usando Berlusconi come ariete. Più l’Italia e le istituzioni vengono lacerate e più potrebbe tornare in auge il progetto secessionista di Bossi, l’unico che gli permetterebbe di ergersi a capo indiscusso di una ampia zona del Paese. Il sentimento leghista potrebbe sfondare ancora un po’ oltre la linea del Po, ma non andare. Il Sud è nazionalista e statalista. È stato conquistato ma a sua volta ha riconquistato. In un’Italia unità dalla Costituzione Repubblicana Bossi non sarebbe mai il leader indiscusso. Il capo assoluto. È per questo che lo sfascio gli giova. È il “tanto peggio tanto meglio”. La sua è un’opera di sciacallaggio politico. Proprio per questo è certo che nel momento in cui il Premier, per necessità aziendali, si dovesse infilare nella rischiosa partita delle dimissioni, Bossi non esiterebbe un attimo, al di là di tutte le sue profusioni di fede nei confronti di Silvio Berlusconi, a sedersi al tavolo delle trattative. Bossi è un opportunista, è il vero trasformista contemporaneo, colui che sta con il più forte del momento, per incassare il massimo. Quale etica rinvenire in chi nell’84 urlava “Roma ladrona, la Lega non perdona” e nel 2010 siede al tavolo con tanti inquisiti e condannati? Nessuna. I suoi elettori lo sanno e anche Bossi lo sa. Dalle prossime elezioni non è affatto scontato che la Lega esca rafforzata.

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