«L’uomo confonde il consenso popolare con una sorta di immunità», aveva detto a microfoni accesi il Presidente della Camera, parlando del Premier. Un coro di proteste si leva dal centrodestra contro il cofondatore del Pdl. Ma Fini rivendica la propria coerenza e intanto sembra rafforzare la sua posizione di leader

di Thomas L. Corona
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Roma, martedì 2 dicembre 2009 – Montano le polemiche all’interno del PDL, dopo la pubblicazione del colloquio tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e il magistrato Trifuoggi, avvenuta il 6 novembre scorso e ripresa dai microfoni creduti spenti. L’ex leader di AN si era lasciato andare ad alcune considerazioni sul premier Silvio Berlusconi, tra cui quella dove afferma che Berlusconi “confonde consenso e immunità”. Immediato nella mattinata di ieri l’intervento del suo portavoce, che si è affrettato a spiegare che la posizione espressa da Fini è coerente con quanto detto e ripetuto in altri contesti istituzionali, in interviste e interventi pubblici. Anche l’On. Bocchino, finiano doc, si è affrettato a rispondere invitando l’opposizione a non strumentalizzare le parole del presidente della Camera. Ma l’intervento più che rivolto all’opposizione sembra invece diretto ai membri della stessa Maggioranza.

Duro infatti il coro di proteste che si alza dalla Maggioranza e dall’Esecutivo, dove sembra che il presidente del Consiglio sia montato su tutte le furie e intenzionato a risolvere una volta per tutte la questione del conflitto interno, che mina giorno dopo giorno la sua leadership. La replica è stata affidata ai suoi luogotenenti più fidati. Bondi, dopo aver sentito l’intervento in diretta di Fini a Ballarò, si è dichiarato molto amareggiato. Più caustico Gasparri, capogruppo PDL in Senato, che alla «Stampa» di Torino ha detto: “Certe cose bisognerebbe evitare non solo di dirle, ma perfino di pensarle", aggiungendo che Fini deve chiarire la sua posizione nei confronti dei processi nei quali è coinvolto Berlusconi. Ancora più duro l’intervento del Ministro Claudio Scajola, che ha dichiarato come ormai la posizione dell’ex leader di AN non sia in linea con quella partito. A trarre le conseguenze dalle sue parole il cofondatore del PDL dovrebbe dare le dimissioni. Ma da cosa ? Dal PDL stesso o da presidente della Camera? Forse da entrambi. A questo plotone marziale si sono aggiunte le testate vicine a Silvio Berlusconi. Feltri ha esortato Fini a rientrare nei ranghi oppure a dimettersi, mentre Belpietro ha avanzato l’ipotesi che Fini voglia scaricare Berlusconi con l’aiuto della Magistratura e della Sinistra.

Dalle pagine del «Corriere della Sera» Massimo Franco titola il suo editoriale: “Un incidente che rischia di isolarlo di più”, riferendosi ai discorsi catturati dai microfoni e sottolineando come questa leggerezza possa mettere definitivamente all’angolo Fini nel PDL. Le cose però non stanno proprio così, anzi forse sono esattamente all’opposto. Con questa nuova e audace presa di posizione, che in sostanza svela, senza reticenze e falsi giri di parole, quello che pensa Gianfranco Fini del Premier e dell’ossessione per i processi nei quali è coinvolto, dà voce a quanti, all’interno del Partito della Libertà, non sono affatto allineati con il pensiero unico dominante. Non devono essere pochi i deputati e i senatori che si sentono frustrati per il modo in cui l’Esecutivo ha portato avanti finora i rapporti con le due Camere. L’approvazione di leggi a colpi di fiducia,  sarebbe il caso di dire, ha minato la fiducia nel Governo in molti all’interno della Maggioranza stessa, che hanno contribuito a stravincere le elezioni del 2008, e che si vedono costretti a fare presenza e basta.

Lasciando stare la lettera, sottoscritta da una cinquantina e più di deputati e senatori vicini a Fini più di un mese fa, bisogna ricordare che di scontenti e di delusi nelle file del Pdl ce ne sono molti. Tanto per fare dei nomi Beppe Pisanu, Gianfranco Miccichè, il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, il Presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo. Tutti personaggi che possono coagulare voti intorno alla leadership di Gianfranco Fini, che dal canto suo si sta comportando da leader vero, affrontando Berlusconi allo scoperto. Senza contare che Fini, con i voti dei suoi e quelli di Casini e Bersani, può giocare con intelligenza la sua partita nelle sedi istituzionali. La Lega da sola non basta. Come dimostra lo sbarramento ottenuto dall’Esecutivo sugli emendamenti alla Finanziaria, di 14 ne sono passati solo 2. Tutti gli altri sono stati respinti. Infine è dalle Camere che dovrà passare la discussione sul Processo Breve e quella sulla riforma della Giustizia, sia esso ddl o Decreto Legge, se non vogliono una netta bocciatura da parte del Presidente delle Repubblica.

Il Parlamento dunque torna ad essere il luogo centrale del dibattito politico e questa è una netta vittoria di Gianfranco Fini, che può spendere nella Maggioranza per rafforzare la leadership personale. In questo momento Silvio Berlusconi parte da una evidente posizione di inferiorità, aggravata dall’assillo della ripresa dei processi, dopo la bocciatura del Lodo Alfano, e dallo stillicidio di dichiarazioni dei pentiti di Mafia. Lo strepitio sempre più alto dei falchi del Pdl staranno sicuramente coprendo il lavoro delle colombe, perche il premier in questo momento non può fare a meno di trovare un’intesa con Fini e i finiani. Anche se, a questo punto, qualsiasi intesa è un cedimento e una perdita di egemonia. Berlusconi rimane all’angolo comunque e probabilmente fra non molto a dettare la linea politica del centrodestra saranno le due vere anime della coalizione: Bossi e Fini.