Roma, martedì 21 febbraio 2012 – Continua il successo dei Fratelli Taviani alla 62ma edizione del Festival di Berlino, con il docu-film “Cesare deve morire”. Francia, Spagna, Brasile, Iran, Danimarca e Taiwan hanno già comprato i diritti del film. Un’accoglienza più che positiva da parte del pubblico e della critica che già dalla prima proiezione lo hanno eletto vincitore dell’Orso d’oro di quest’anno. La storia si basa sul dramma scespiriano del “Giulio Cesare”. Nell’antica Roma repubblicana si muovono i personaggi tra complotti, tranelli e bugie. Unici interpreti i detenuti del carcere di Rebibbia. Unico set il carcere stesso. Un immaginario quasi commovente vedere ergastolani, ex camorristi o ex mafiosi, dare voce ad una commedia così vicina alle dinamiche della loro vita.

Il realismo della pellicola è riuscito grazie ad azzeccate scelte registiche. I detenuti recitano in dialetto ed il film è stato girato in bianco e nero, perché “volevamo rievocare l’anima dei personaggi attraverso qualcosa di irrealistico “ spiega Vittorio Taviani” Lo spettacolo finale è a colori, i sei mesi che lo precedono sono in bianco e nero. All’inizio avevamo la sensazione di entrare in un mondo dove non avevamo diritto di entrare, poi questo è scomparso e siamo diventati tutti solo persone a cui questa storia apparteneva in maniera uguale.” Non è stato difficile per i due registi instaurare da subito un buon rapporto di collaborazione con i detenuti, anche se “c’è stata una discussione quando è stato sostituito un attore… correva del malumore, abbiamo deciso di andarcene e siamo tornati a casa.” spiega Paolo in un’intervista “ Dopo qualche giorno ci hanno telefonato per richiamarci e ci hanno accolto con un applauso. Da quel momento non ci sono state più tensioni”.

 A sei anni dall’ultimo capolavoro “La masseria delle Allodole”, sul genocidio armeno, i Fratelli Taviani tornano con un grande lavoro e una forte denuncia sulla situazione delle carceri italiane. I detenuti stessi hanno dichiarato che da quando l’arte è entrata nella loro vita, il carcere e la loro cella sono diventate la loro prigione. Alla domanda se questo film porta con se’ una dimensione di denuncia sociale, Paolo e Vittorio rispondono che -“Questo film può attirare l’attenzione sulla tragedia delle carceri, dove ci sono detenuti che si impiccano, dove si vive in tanti in una cella. Speriamo che possa commuovere il fatto che in una prigione sia stato rappresentato il “Giulio Cesare” e che gli spettatori ci pensino due volte a dare il voto a un Cesare sbagliato.” Per poter vedere il film nelle sale italiane bisogna aspettare il 2 marzo. Intanto si può solo sperare nella vittoria di due pietre miliari delle tradizione cinematografica del nostro paese.

di Poema Seris Leo