Roma, venerdì 25 maggio 2012 – La stagione calcistica, ormai conclusa da tempo, ha portato con sé i soliti strascichi di polemiche, come sempre, ma anche un nodo in gola per tifoserie italiane, che hanno visto molti dei loro beniamini lasciare la propria squadra del cuore per fare nuove esperienze all’estero. Uno su tutti, Alessandro Del Piero.

Diciannove stagioni in bianconero, record di gol (290) e di presenze totali (750) con la Juventus, hanno fatto di lui una leggenda. Alex per molto tempo è stato un esempio di atleta leale e onesto, anche se in passato si è macchinato (indirettamente) di due azioni gravi: il doping nel ’98 e calciopoli nel 2005. Sono fatti che hanno colpito la squadra in generale, vero, ma che hanno colpito lui in quanto simbolo e bandiera di essa. Comunque, certamente tra più alti che bassi, si conclude la storia di un simbolo, che nell’immaginario collettivo sembra aver ferito un’intera nazione. Questa idea è avvalorata dal fatto che dovunque sia andato Del Piero, ha ricevuto sempre più applausi che fischi, dimostrando di essere un grande uomo sia fuori sia, soprattutto, dentro al rettangolo verde di gioco.

Altri addii sono toccati alle squadre di Bologna, Milan e Inter, che hanno visto partire gente del calibro di Marco Di Vaio, Alessandro Nesta, Rino Gattuso, Filippo Inzaghi e Ivan Ramiro Cordoba. La storia del nostro calcio. Mentre i primi due hanno già deciso di provare a varcare i confini d’oltre Manica e di approdare nella Mls (Serie A americana) negli States, l’ex centrocampista rossonero è ancora indeciso sul da farsi, ma una cosa è certa: giocherà ancora.

Con la fine della loro avventura italiana di queste leggende, soprattutto con l’addio dell’ex capitano bianconero, il nostro calcio conserva ora solo due simboli di questo calibro: Javier Zanetti e Francesco Totti, altri due calciatori che hanno militato sempre sotto la stessa bandiera. Fino a diventare essi stessi bandiere delle loro squadre, l’Inter e la Roma. Due emblemi di un’era ormai passata, in cui il vero valore dello sport era la maglia e il sudore, in cui si rincorreva un pallone solo per il gusto di farlo con quella casacca e non solo perché si viene pagati. Un mondo ormai corroso dall’avidità e dal denaro, che ha svuotato questo sport di ogni passione, se non i soldi.

Beh, se sono veramente loro due le uniche eccezioni in questo sistema marcio, se sono le uniche ciambelle di salvataggio in questo mare di melma chiamato business, allora possiamo solo augurarci che possano rimanere a giocare il più a lungo possibile, dandoci ancora questa illusione di un vero e sano gioco di cuore e passione.