Roma, venerdì 20 aprile 2012 – Torna al Teatro Belli di Roma, dopo il successo ottenuto la scorsa edizione, Il caso Braibanti, spettacolo che rievoca uno dei più clamorosi scandali giudiziari della storia italiana del Novecento. In scena, dal 24 al 29 aprile, Massimiliano Palmese, Fabio Bussotti e Mauro Conte, diretti da Giuseppe Marini. Le musiche sono composte da Mauro Verrone, eseguite dal vivo da Stefano Russo. Con un testo tutto costruito su documenti d’archivio, lettere e arringhe Palmese ripercorre il processo, a cui fu sottoposto nel 1968 Aldo Braibanti, intellettuale schivo e appartato, la cui vicenda ricorda da vicino quella di Pier Paolo Pasolini, fu accusato di “plagio” ai danni del suo giovane amante Giovanni Sanfratello. Nei panni dei due protagonisti della cronaca Fabio Bussotti e Mauro Conte, che danno voce a tutti gli altri personaggi della vicenda.

Nell’ottobre del 1964 Aldo Braibanti – ex-partigiano torturato dai nazifascisti, comunista e omosessuale, artista, poeta, appassionato di filosofia e studioso della vita delle formiche – venne denunciato “per aver assoggettato fisicamente e psichicamente” il ventunenne Giovanni Sanfratello. In realtà il ragazzo, in fuga da una famiglia ultraconservatrice e bigotta, si era deciso a seguire le sue inclinazioni e, raggiunta la maggiore età, era andato a vivere a Roma con Braibanti. Non riuscendo a separare la coppia, il padre di Giovanni denunciò l’artista-filosofo con l’accusa di “plagio”, reato risalente al Codice Rocco del periodo fascista, e intanto sottopose il ragazzo a rigide cure psichiatriche per “guarirlo” dalla sua omosessualità. Il processo a Braibanti si aprì il 12 giugno 1968, mentre infiammava la Contestazione e i giovani di tutto il mondo chiedevano a gran voce più ampie libertà. Davanti alla Corte sfilarono familiari, preti, medici e testimoni corrotti, e Aldo Braibanti finì col divenire il capro espiatorio di un duro scontro generazionale. Molti intellettuali denunciarono lo scandalo di un processo montato dalla destra più reazionaria del Paese in combutta con esponenti del clero e della “psichiatria di regime”: in favore di Braibanti intervennero sulle colonne dei giornali Umberto Eco, Dacia Maraini, Elsa Morante, Alberto Moravia, Cesare Musatti, Marco Pannella, Pier Paolo Pasolini. Tutti i loro appelli caddero nel vuoto.

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