Roma, Lunedì 28 maggio 2018 – Ieri i giornali di tutta Italia titolano sul personaggio pubblico più divisivo degli ultimi mesi, più precisamente giorni, Paolo Savona. Da La Repubblica: “È scontro finale su Savona. Si riaffaccia l’ipotesi del voto”. Un’ipotesi, quella di tornare al voto, che è tornata a concretizzarsi in poco tempo. Il papabile futuro Ministro dell’Economia dell’ormai lontano Governo giallo-verde, scelto con largo consenso dall’intesa Di Maio-Salvini, ha provocato una discussione, e conseguente crisi istituzionale senza precedenti. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato al Quirinale Giuseppe Conte, il professore di Diritto destinato a non diventare premier, alle ore 19 di domenica 27, e questo incontro ha cambiato tutto.

Nei giorni precedenti, il Capo dello Stato aveva espresso dei dubbi in merito alla nomina di Paolo Savona come Ministro dell’Economia, perché l’economista ha manifestato una posizione di netta contrarietà nei confronti dell’Europa dell’euro, sotto l’egida delle banche e dei mercati. Cosa è successo nel giro di pochissime ore. La lista dei ministri era pronta, con la firma del Capo dello Stato su tutti ma proprio tutti i Decreti di nomina dei prescelti, tranne che su uno. Ma a incontro concluso, le carte del gioco politico degli ultimi due mesi e l’intesa, inizialmente forzata, poi combattuta, strategicamente ordita – fino a diventare quasi una piacevole liaison – dalle due forze politiche contendenti le poltrone di Palazzo Chigi, sono andate in fumo davanti al no finale di Mattarella.

Al netto dei giochi di potere elaborati fino a quel momento, le parole del Capo dello Stato hanno scatenato una divisione tra tutti i supporters – #VogliamoSavona – di Salvini e Di Maio, in attesa di avere il fatidico Governo del cambiamento, e chi ha sostenuto il suo supporto all’istituzione incarnata dal Presidente: #IoStoconMattarella. Una bufera, quella che si è abbattuta su Sergio Mattarella, che ha diviso non solo i personaggi politici coinvolti, ma anche i cittadini italiani, avviliti e iracondi. Si insulta il Capo dello Stato, si creano, se pur divertenti, continue irrisioni social a suon di “meme”, tornano i turpiloqui contro gli immigrati – con un leader pronto a fare di ogni dichiarazione un’esaltazione del suo principale tema di campagna elettorale – oppure si critica il mancato rispetto istituzionale, mentre quel no fa emergere l’Italia peggiore degli ultimi anni, quella che abbiamo, che ci dobbiamo tenere, e che di unito ha veramente molto poco.

Laura Marti

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