Roma, martedì 6 settembre 2011 – Lasciando stare le varie ipotesi portate avanti in questi giorni da Governo, forze di opposizione, economisti e media, per il risanamento dei conti pubblici, avanzo qui una proposta di cambiamento strutturale che, se attuata, permetterebbe maggiori entrate dall’Iva, minore evasione fiscale e un rilancio dei consumi (e non una loro contrazione). Si tratta di rendere deducibile parte dell’Iva, pagata durante l’anno, dalla propria dichiarazione dei redditi. Dal caffé al giornale, dal conto del barbiere alla spesa per i libri scolastici, dai biglietti dello spettacolo dal vivo alle spese mediche, dalla ristrutturazione della casa ai vestiti. Insomma rendere detraibile dalle tasse, che ogni cittadino deve versare allo Stato, una quota parte dell’imposta sul valore aggiunto (Iva), che come si sa grava completamente sul consumatore finale.

A puro titolo di esempio, si potrebbe fissare la soglia di detraibilità dell’Iva al 40%, magari accorpando le tre attuali aliquote (4, 10 e 20 per cento) in un’unica del 16%. In questo caso, calcoli alla mano, un cittadino, che spende in media 20.000 € annui per la casa, le vacanze, la telefonia, le utenze, l’assicurazione, il mutuo, l’affitto, la famiglia, gli alimenti, etc..(e qui potrebbe aiutarci il paniere Istat), verserebbe allo Stato 3.200 € di Iva (calcolando un’unica aliquota al 16%) e potrebbe dedurne il 40% dalla propria dichiarazione dei redditi, ossia 1.280 €. Un vantaggio netto per il cittadino e uno doppio per lo Stato, che comunque terrebbe per sé il restante 60% (1.920 €).

Infatti, la detrazione consentirebbe ai cittadini di richiedere sempre la ricevuta o lo scontrino fiscale. In questo caso ogni transazione, piccola o grande che sia, verrebbe portata allo scoperto, consentendo 1) alle Casse dello Stato entrate certe e costanti dal gettito dell’Iva, la cui evasione secondo stime recenti (aggiornate però fino al 2009) si aggira intorno al 35%. 2) di avere un profilo altrettanto certo e sicuro dei guadagni della stragrande maggioranza degli italiani, con il risultato di abbattere buona parte dell’evasione e dell’elusione fiscale e di aumentare il gettito delle entrate per lo Stato. Con una sola mossa si metterebbe in atto un circolo virtuoso per le Finanze pubbliche, portando anche ad un abbattimento dell’oppressione fiscale sui cittadini. I cittadini salderanno attraverso il prelievo fiscale diretto (il 730 annuale) e con il prelievo fiscale indiretto (la percentuale di Iva deducibile, già anticipata con gli acquisti).

Una rivoluzione che consentirebbe di impegnare meno forze per la lotta all’evasione, perché si avrebbe la certezza che ogni cittadino vigilerà sull’emissione delle fatture o degli scontrini, soprattutto per il bene delle proprie tasche, e di conseguenza anche del Paese. E tutto questo non con delazioni, ma nel pieno rispetto delle disposizioni di legge. Anzi garantito per Legge e dal vantaggio fiscale finale (che è lo stimolo più importante per ciascuno di noi). Richiedere la ricevuta diventerebbe una necessità fiscale e non uno svantaggio economico, per cui oggi quando è possibile si fa volentieri a meno. Difatti, con l’attuale fiscalità l’Iva grava solo sul consumatore finale, chi può evitare di pagarla lo fa, risparmiando il 20% sul costo di acquisto di beni o servizi. Pratica che alimenta l’evasione e rende difficile il suo reperimento, costringendo il Governo a trovare mezzi e sistemi sofisticati, a valle delle dichiarazioni dei redditi, dispendiosi in termini economici e di tempo, per stanarla. I dati del 2011 ci dicono che un italiano su tre dichiara al fisco meno di 15mila euro l’anno, mentre sono solo il 2% degli italiani che denunciano redditi sopra i 75mila euro.

Con questa riforma strutturale di lotta all’evasione inoltre non si svilirebbero i consumi, anzi si incoraggerebbero, dal momento che ogni spesa potrà essere detratta di una parte di Iva che la grava. Compresi gli idrocarburi e le utenze cittadine. Il sistema economico nel suo complesso vedrebbe un rilancio dei consumi. Sarà poi una scelta personale degli italiani decidere di risparmiare e patire una maggiore percentuale di prelievo diretto, oppure alimentare lo scambio economico. Nel giro di due o tre anni si potrebbe anche pensare di abbassare la soglia di imposizione fiscale, oggi molto alta e le cui stime prevedono che toccherà nel 2013 circa il 44%. Lo Stato al contrario potrebbe garantire una giusta imposizione progressiva sui redditi, per far partecipare tutti nella giusta proporzione al mantenimento del Paese. Questa rivoluzione liberale del fisco porterebbe a pagare tutti e a pagare meno. Frase che ormai in Italia sembra aver perso appeal.

La vera grande rivoluzione liberale che si aspetta l’Italia passa per l’Iva (e anche diciamolo da una classe dirigente che incominci a lavorare solo per il bene dei cittadini). Oltre a questa, ovvio, il sistema Paese ha bisogno della liberalizzazione delle professioni e dei settori energetico, bancario e assicurativo. E ancora il taglio dei costi della politica, la lotta ai capitali all’estero, la lotta all’impero economico delle mafie. Ma prima di tutto per riequilibrare e rimettere in moto il nostro Paese serve rendere deducibile parte dell’Iva dai redditi da tassare. Il resto viene dopo. Una riforma del sistema di contribuzione fiscale così impostata tranquillizzerebbe i mercati e l’Europa, e l’Italia da cenerentola farebbe il proprio orgoglioso passo in avanti nella Comunità Europea.

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