Marco Guazzone, giovane cantautore romano e la sua band, gli Stag, dopo il debutto fortunato a Sanremo e un’estate di successi in giro per l’Italia, tornano a suonare a Roma, nello storico Piper Club, che ha iniziato numerosi artisti italiani, dai gruppi beat come gli Equipe 84 e i New Dada, ai mostri sacri come la Ferri, Mina o Patty Pravo.

Marco, che effetto fa esibirsi su un palco storico come quello del Piper, dopo aver cantato a Sanremo?
Suonare oggi al Piper è come entrare nella storia, attraversare quasi quarant’anni di musica ed essere catapultati sul palco che fu icona di una generazione intera, un vero e proprio fenomeno di costume. Per l’occasione stiamo preparando un concerto speciale, pensando agli artisti che il locale ha ospitato. Potremmo già da subito andare in panico, ma ci conforta pensare che i grandi nomi che si sono esibiti nello storico locale all’epoca avevano proprio la nostra età! E proprio perchè l’esperienza del concerto del 9 novembre sia unica, stiamo invitando il pubblico a vestirsi secondo un dress code: “beat generation”. Siamo molto curiosi di vedere come la gente verrà vestita .

A proposito tornerai al Festival?
Ci piacerebbe, ma partecipare ancora tra i giovani non si può e la strada per essere “big” è ancora lunga. Con una metafora agreste stiamo lavorando sodo alla semina, poi la terra deve riposare, coprirsi di neve, aspettare il disgelo, e il seme germogliare e crescere: ci vuole pazienza.

A quando l’uscita del nuovo album? L’originale linea musicale – che è quella che ci ha affascinato e catturato – resta costante?
Credo che il nostro album d’esordio “L’Atlante dei pensieri” abbia ancora molte storie da raccontare e a livello di distribuzione mi sembra prematuro pensare all’uscita di un nuovo album. Proviamo ogni giorno e stanno nascendo molti pezzi nuovi che sicuramente rispecchiano la nostra crescita artistica. Ogni canzone è un pezzetto di noi, non potremmo discostarci molto da quello che abbiamo fatto se non mentendo a noi stessi.

Il 24 agosto scorso al Planetario di Roma è stato incredibile. La vostra musica sotto le stelle si abbracciava a proiezioni sullo schermo e si intrecciava ad astrazioni della mente e del cuore. Com’è è nata l’idea di progettare un tale spettacolo?
La verità è che esiste un sesto “stag”, Dario Ceruti, che ha sempre curato il nostro percorso artistico. Lavorando nel cinema ha creato una connessione tra la musica e le immagini. L’idea del Planetario è arrivata pensando a un luogo che potesse rappresentare visivamente il racconto del viaggio stellare che è contenuto nel booklet del nostro album. Facendo I primi sopralluoghi abbiamo pensato che non solo poteva essere il set di uno shooting fotografico e del videoclip di “Atlas of thoughts”, ma anche la giusta location per il concerto-evento di quest’estate che ci ha visti emozionati sotto la volta stellata.

Ai vostri concerti, i richiami alle colonne sonore di grandi film sono un “must”. Questa scelta è dettata dall’amore che avete per il cinema (in particolare quello fantasy). Ci saranno progetti futuri in cui emergerà il binomio musica-cinema?
Ho studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia composizione di musica da film e ho portato gli altri elementi del gruppo ad appassionarsi alle colonne sonore. Il repertorio è infinito e ognuno di loro, anche influenzato dallo strumento che suona, ha scelto alcuni bani che riarrangiamo per I concerti. Arriviamo da una recente meravigliosa esperienza che è stata quella della Festa Del Cinema di Roma, dove abbiamo suonato sia come buskers per la gente in attesa di entrare in sala, che come band di “Nessuno è perfetto”, programma di Radio2 Rai andato in onda tutti I giorni in diretta dall’Auditorium.

In riferimento al vostro ultimo singolo “Atlas of thoughts”, quando è stato “il momento di decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato” ? Quali sono state le scelte più significative nella tua vita?
Credo quando mi hanno proposto di fare un talent show: avevo partecipato alle prime audizioni, mi ero divertito, ero piaciuto agli autori, ma davanti al fatto che non mi avrebbero fatto esibire con il piano (la mia coperta di Linus) ho detto no. Mi dissero che avrei perso un treno, ma puntualmente arrivo in ritardo agli appuntamenti. E scusate il gioco di parole

Piccola curiosità: la tua vita in una playlist di 5 canzoni.
Oggi siamo in viaggio e ci siamo chiusi nel nostro album per sentirne la resa in auto, perdonate l’autorefenzialità:

Mattina “Sabato simpatico”
Pranzo “Les paul”
Pomeriggio “Rødby”
Sera “Atlas of thoughts”
Notte “La mia orchestra”

Altra curiosità: dove nasce l’ispirazione?
L’ispirazione nasce da un sorriso di un bambino, da un fischio per strada, da una buffa caduta, dalla visione di un film horror, dal tiramisù di mia nonna.

Sentendovi suonare e vedendovi dal vivo, è facile captare nella vostra musica, l’influenza di artisti quali Muse, Coldplay o Moby. A partire dalle melodie, dalla scelta dei suoni e degli strumenti, fino ad arrivare ai colori, alle luci e persino all’abbigliamento. Cosa rende unico un artista e quanto conta ispirarsi agli “altri”?
Dicevano che i Muse imitavano i Radiohead, che i Radiohead si ispirassero a Jeff Buckley, che Jeff Buckley avesse preso dal padre.. Non mi dispiacerebbe essere in fondo a questa sequenza.

Dal 9 novembre siete ospiti del programma di Radio2 “Nessuno è perfetto”, trasmesso dal Festival Internazionale del film di Roma 2012, in cui suonate e raccontate piccoli pezzetti di voi. 

Domanda secca : nessuno è perfetto?
Noi non lo siamo: sarebbe noiosissimo il contrario.

Lucrezia Badalassi

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