Roma, venerdì 6 giugno 2014 – Dopo le mazzette all’Expò, con i soliti noti in prima fila, è arrivato il caso Carige, che ha scoperchiato un sistema di mazzette e di intrallazzi provati in Liguria che coinvolge banchieri, politici, magistrati. Adesso arriva il caso Mose, che vede al centro di un ricco giro di mazzette e di bustarelle magistrati della Corte dei Conti, politici, sindaci, assessori regionali, forse anche un Generale della Finanza e numerosi altri attori. Prima di questi tre casi ce ne sono stati altri, altrettanto scandalosi. Quelli dei Riva. Quelli della cricca che avrebbe dovuto ricostruire L’Aquila dopo il terremoto. Quelli del G8 alla Maddalena. E altri ancora. Quella descritta dalle cronache – diciamo mensili per non dire quotidiane – è la mappa di un’Italia martoriata da un continuo eseguimento di denaro pubblico, mentre la vita per i cittadini che si impegnano lavorano e pagano le tasse onestamente è, mese dopo mese, anno dopo anno, peggiorata. Non sono serviti i suicidi di tanti imprenditori. Non è servito l’impoverimento di tanti italiani. La perdita di posti di lavoro. La disoccupazione giovanile arrivata al 50%. L’emigrazione di tanti italiani in Europa, in America, in Australia. Nulla è servito a far cambiare le cose. Nemmeno la vittoria del M5S alle Politiche!

Una classe di privilegiati, privi di scrupolo, sta saccheggiando il nostro Paese almeno dal 1992-93 (ad essere buoni, ma chissà quanto indietro bisogna risalire per trovare i primi sistemi tangentizi). Non contenti dei rimborsi elettorali milionari, politici famelici, funzionari, magistrati corrotti, finanzieri e burocrati hanno depredato lo Stato italiano, rovinando almeno due generazioni di cittadini, quelli nati negli anni 70 e quelli nati negli anni 2000. Il Premier Renzi ieri in conferenza stampa ha affermato che i corrotti e i corruttori potrebbero e dovrebbero essere tacciati di alto tradimento contro lo Stato. Nei giorni dello scandalo Expò aveva paventato lo spettro del Daspo nei confronti dei politici e dei pubblici funzionari che si fossero macchiati di atti infami come le tangenti, che vanno ad alterare il mercato e spillano soldi pubblici ai cittadini. Il Daspo, sull’esempio di quello adottato per le violenze negli stadi, consisterebbe nell’interdizione dai pubblici uffici, se a vita non è dato saperlo. Il Governatore veneto Luca Zaia, la cui Giunta e il cui Consiglio sono stati lambiti dallo scandalo Mose, ha detto però che vorrebbe vedere questi signori, ovviamente se colpevoli, banditi a vita da incarichi pubblici.

Adesso si va alla ricerca del rimedio esemplare e della soluzione migliore, ma intanto si dovrà aspettare, secondo la giurisprudenza italiana, il terzo grado di giudizio per poter finalmente dire pubblicamente quello che in fondo già si sapeva e si sospettava. Trascorreranno anni e comunque il maltolto dalle casse dei cittadini, che pagano la tassazione più elevata d’Europa anche grazie al mal governo di questi ultimi quarant’anni, mai sarà restituito! Sembrerebbe che i costi del Mose in dieci anni siano aumentati da 1,8 a 5,6 miliardi di euro e l’opera è compiuta ancora per l’80%, quindi – secondo alcuni, tra cui il Ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi – sarebbe delittuoso interromperne i lavori. Così come sarebbe stato delittuoso rinunciare all’Expò, nonostante lo scandalo. Ma di tutti quei soldi quanti sono stati elargiti in mazzette? Per il momento sembrerebbe 22,5 milioni. E poi chi assicura che l’opera funzioni come veramente dovrebbe, visto che chi doveva vigilare era stato pagato per dare il via libera senza fare controlli?

L’Italia necessita con urgenza di un Governo di Salute Pubblica, etico e orientato a limitare da subito il fenomeno della corruzione con una giurisdizione straordinaria, così come straordinarie erano le motivazioni con le quali le varie cricche giustificavano e gestivano in maniera privatistica gli affidamenti e gli appalti, bypassando le leggi. Quello che servirebbe è un processo immediato per corrotti e corruttori. Con l’immediata espulsione da qualsiasi incarico pubblico e l’immediata confisca dei beni, anche se fossero dei familiari, se i familiari ovviamente non potessero provare che quei beni non sono frutto di ruberie. Per costoro non dovrebbe valere la presunzione di innocenza fino al terzo grado, ma solo fino al primo grado e poi immediatamente a scontare la pena. Quando poi arriveranno il Giudizio di Appello e quello della Cassazione a dimostrarne l’innocenza, se arriveranno, allora si potrà reintegrarli nella Funzione Pubblica. Il malato è grave e serve una terapia d’urto, un qualcosa che rianimi dal punto di vista etico e morale. Quello che serve è un compromesso storico in Parlamento tra un partito pragmatico come il PD, che tanto bisogno ha di ripulirsi dalle scorie, e un movimento intriso di forte senso etico come il M5S, per togliere il marcio che opprime la Nazione.