Roma, martedì 19 marzo 2013 – È gremita di fedeli e delegazioni da tutto il mondo Piazza San Pietro per la Messa d’insediamento di papa Francesco. Si contano circa 200mila presenze. L’omelia è incentrata sulla figura del santo del giorno, san Giuseppe, patrono della Chiesa universale (proclamato l’8 dicembre 1870 da Pio IX), sposo di Maria e padre putativo di Gesù. Venerato sia dalla Chiesa cattolica che ortodossa. La figura del santo ispira tutta intera l’omelia di Papa Francesco, incentrata sulla missione di custos, custode di Maria e di Gesù. Una missione che si estende alla Chiesa, come sottolineato dal beato Giovanni Paolo II (nell’esortazione apostolica del 15 agosto 1989 sulla figura e missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa). Si dedicò all’educazione di Gesù, esercitando ogni suo compito con discrezione, umiltà e silenzio. Una presenza costante e di fedeltà totale anche quando non comprende i piani di Dio, dal matrimonio con Maria alla presentazione di Gesù nel tempio.
Accompagna Maria nei momenti sereni e difficili della vita, come nelle ore trepidanti del parto o nella fuga in Egitto e soprattutto nella quotidianità della casa di Nazareth. Come vive san Giuseppe questa vocazione? Nella costante attenzione a Dio e ai Suoi progetti. Dio non desidera una casa costruita dall’uomo ma la fedeltà al Suo disegno e che siamo pietre vive segnate dal Suo Spirito. Giuseppe è custode perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla Sua volontà e per questo sa leggere con realismo gli avvenimenti e sa prendere le decisioni più sagge. Per mezzo del padre putativo, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio: con disponibilità e prontezza. Il centro della vocazione cristiana è Cristo, attraverso cui custodire gli altri e il creato. La vocazione del custodire non riguarda solo noi cristiani ma essendo umana, riguarda tutti: custodire la bellezza del creato, come messo in risalto nel libro della Genesi o dallo stesso Francesco d’Assisi. Il fraticello ha insegnato il rispetto verso l’ambiente e le persone che ci circondano. Amore per chi è più fragile: i bambini, gli anziani e gli ultimi che sono alle periferie del nostro cuore.
Il Santo Padre esorta inoltre a vivere con sincerità le amicizie, con reciproca confidenza nel rispetto e bene comuni. È una responsabilità che riguarda tutti: siate custodi dei doni di Dio. Quando l’uomo ne viene meno e non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore s’inaridisce con disegni di morte che disturbano il volto dell’uomo e della donna. Questo stesso monito lo estende in particolare a chi occupa ruoli di responsabilità: “Non lasciate che segni di distruzione e di morte accompagnino il nostro mondo”. La prima cura è verso noi stessi. L’odio, l’invidia e la superbia sporcano la vita umana. Vigilare sui nostri sentimenti e sul nostro cuore, da dove escono le intenzioni buone e cattive, quelle che costruiscono e distruggono. “Non abbiate paura della bontà e della tenerezza”, perché l’atto del prendersi cura e del custodire richiede bontà e di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe è descritto come uomo forte e valoroso ma con una bontà d’animo, con una capacità di emozione, di compassione e di vera apertura verso l’altro. “Oggi insieme con la festa di san Giuseppe celebriamo l’inizio del ministero del nuovo vescovo di Roma che comporta anche un potere, dato da Gesù a Pietro: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle”. “Questo – spiega– è il vero potere e servizio del Papa”.
Entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso nella Croce. È un servizio concreto, come quello di san Giuseppe che accoglie con affetto e tenerezza l’intera umanità, con sguardo attento e premuroso verso i più poveri e i deboli. Questo è il vero atteggiamento di chi serve. Nei Vangeli Gesù stesso afferma di essere venuto nel mondo per servire e non per essere servito. Questo è il compito del Sommo Pontefice. San Paolo parla di Abramo come saldo nella speranza contro ogni speranza. “Anche oggi, di fronte a tanti tratti di cielo grigio abbiamo bisogno di vedere e di essere noi stessi segno di speranza per costruire il creato con sguardo di tenerezza e amore”. “Aprire uno squarcio di luce e portare il calore della speranza, fondata sulla roccia che è Dio, come sono stati d’esempio Abramo e san Giuseppe”. Ultima esortazione, la medesima fatta la sera dell’elezione: “a voi tutti chiedo di pregare per me”. A conclusione il Papa si è recato nella Basilica di san Pietro per accogliere e salutare le rappresentanze e delegazioni mondiali.
Carla Ferraro