Proteste di Greenpeace e Legambiente per la riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle

di Serafina Cascitelli
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Roma, martedì 5 maggio 2009 – 10 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 è il regalo che Enel farà con la riconversione a carbone di Porto Tolle ai già gravosi ritardi dell’Italia rispetto agli obblighi previsti dal Protocollo di Kyoto e dal "pacchetto clima" europeo. Greenpeace e Legambiente, armati pacificamente di una ciminiera fumante, hanno manifestato sotto il ministero dell’Ambiente, intrufolandosi nelle sale dei bottoni, da cui hanno srotolato uno striscione di 9 metri  con su scritto: “No al carbone”. Non solo protesta, ma anche sensibilizzazione attraverso i volantini distribuiti ai membri della Commissione Valutazione Impatto Ambientale, che nonostante tutto ha dato il via libera alla riconversione.

Tutti si chiedono dove sia finito il ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, già oggetto di passate polemiche da parte di Greenpeace e perché non tutela un’area che in realtà è un parco naturale patrimonio dell’umanità per l’Unesco. «Il delta del Po’ è un’area dai delicati equilibri – affermano le due associazioni – la conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle comporterà impatti devastanti, come il passaggio di 3000 chiatte all’anno per portare il carbone all’impianto».

Eppure solo qualche giorno fa il governo italiano si è impegnato a Siracusa, durante il G8 Ambiente, a combattere i mutamenti climatici e ha posto l’attenzione sulla necessità e sull’urgenza  di interventi di riduzione dei gas climalteranti. A buon diritto Legambiente e Greenpeace  definiscono questo governo “schizofrenico”, accusandolo di indossare una “maschera ragionevole” sul panorama internazionale, ma «in casa scopre il volto becero – commentano – di chi autorizza nuove centrali a carbone». Apparentemente può far comodo la soluzione del carbone pulito, ma le due associazioni ambientaliste disilludono e non offrono appiglio alcuno contro i danni ambientali. «Il carbone pulito non esiste – dichiarano – anche avvalendosi delle migliori tecnologie, i nuovi impianti a carbone hanno emissioni più che doppie rispetto a quelle di un ciclo combinato a gas. La conferma è che nel 2007 le 12 centrali a carbone attive nel nostro Paese hanno prodotto il 14% dell’energia elettrica complessiva, e il 30% delle emissioni di anidride carbonica dell’intero settore elettrico».

Presenti anche un centinaio di operai venuti dal Veneto, cui la centrale è sembrata invece un appiglio contro la crisi, una speranza per i figli, poiché dà nuovi posti di lavoro. La questione sembra spinosa o piuttosto paradossale a tal punto da chiedersi se sia meglio un uovo oggi che una gallina domani. E’ possibile per la nostra società contemplare il sacrificio ormai necessario di una gallina oggi?