“Un pensiero triste che si balla”, il tango, dopo aver ispirato cinema, teatro e letteratura, vanta oggi nel panorama italiano un migliaio di scuole. La nostra cultura si riavvicina a questa danza, ballata in un abbraccio, passando per la riscoperta dell’attenzione su se stessi, sull’altro e l’esigenza del contatto

di Rachele Fortuni
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Roma, giovedì 22 aprile 2010 – La poesia si unisce con il ballo: ed è Tango. “Un pensiero triste che si balla” sulle note di una musica che nasce come consolazione dell’uomo. Nato nei bassi fondi della Buenos Aires dei primi anni del 900 “intensa e profonda, dei bordelli, del tango, della vita quotidiana” che Jorge Luis Borges scoprì grazie ad Eduardo Rovira, il gotan poco tempo dopo fece ingresso nei salotti europei. L’Italia oggi si riappropria di questa danza, una miscela di etnie e tradizioni di emigrati italiani, francesi, schiavi liberati delle pampas e cubani. La nostra cultura si riavvicina al tango passando per la riscoperta dell’ attenzione su se stessi, sull’altro, sullo spazio e sulla musica. Vanta ormai nel panorama italiano un migliaio di scuole e le iscrizioni ai corsi aumentano di anno in anno. Nella capitale è possibile trovare Milonghe, le tipiche sale da ballo per i tangueri, aperte ogni sera e il turismo tanguero negli ultimi anni è diventato molto importante. Fioriscono gli alberghi, villaggi, addirittura crociere tematiche e il giro d’affari legato a questo ballo. Ma anche nella sua patria natale il successo e il consumo del tango crescono: lo scorso anno al Mundial de tango de Buenos Aires hanno partecipano 400 coppie e la vincita è andata a due ballerini giapponesi.

Nel tango la ricerca di contatto e l’esigenza di comunicazione dell’uomo, soprattutto quello attuale, viene espressa attraverso la danza, ballata in un abbraccio. Le melodie ispirano un dialogo tra i due ballerini, costruito sul brano, che non si ripete mai uguale. Il tango è improvvisazione. In origine si danzava sui versi della payada, poesia popolare accompagnata da un caratteristico stacco di chitarra a cui presto si aggiunsero violino e flauto, poi sostituito dal “bandoneon”, una specie di organetto che diventerà la voce più caratteristica della musica da tango. Al genere si sono dedicati numerosi strumentisti e direttori, spesso italiani. La voce di Carlos Gardel, nel 1917, dà vita al tango-canzone e gli anni ’40 sono segnati dalle grandi orchestre, tra cui quelle di Anibal Troilo e Osvaldo Pugliese. Oggi assistiamo alla fusione del tango con il jazz, il rock e l’elettronica presentato dalle formazioni Bajofondo Tango Club, Tanghetto e Gotan Project, sulle cui note si balla il tango nuevo, genere ormai sempre più affermato. Dopo aver ispirato cinema, teatro e letteratura gli è stata riconosciuta dall’Unesco l’etichetta “Bene intangibile dell’Umanità” per la sua profonda essenza popolare, sociale e artistica, genuina espressione di una nazione.