"Invictus – L’ invincibile" è il nuovo film diretto da Clint Eastwood, ispirato alla vita di Nelson Mandela. Due uomini, un leader e un capitano di una squadra di rugby, che fanno della corsa verso la Coppa del Mondo uno strumento di lotta contro la discriminazione razziale

di Rachele Fortuni
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Roma, 13 aprile 2010 – Uscito in Italia il 26 febbraio, ma ancora disponibile nelle sale cinematografiche, Invictus – L’ invincibile è il nuovo film diretto da Clint Eastwood. La sceneggiatura, scritta da Anthony Peckham, si basa sul romanzo di John Carlin, The Human Factor: Nelson Mandela and the Game That Changed a Nation (uscito in Italia con il titolo “Ama il tuo nemico”), ed è ispirata alla vita di Rolihlahla Dalibhunga, meglio conosciuto come Nelson Mandela, interpretato da Morgan Freeman. Mandela, anche detto Madiba, di nuovo libero dopo 28 anni di prigionia, diventa Presidente sudafricano nel 1994. Cercherà di riunificare la nazione, muovendosi con passo intelligente e rivoluzionario in un paese diviso da anni di Apartheid. Quando, nel 1995, il Sudafrica ottiene l’organizzazione dei Mondiali di Rugby, Mandela intravede l’occasione per far riconciliare la popolazione dei bianchi con quella dei neri e il potenziale della corsa verso la Coppa del Mondo come strumento di lotta contro la discriminazione e di rafforzamento dello spirito di unità della nazione. A questo progetto d’integrazione, attraverso il linguaggio universale dello sport, collabora Francois Pienaar, interpretato da Matt Demon, capitano degli Springbocks, la nazionale sudafricana.

Alcune critiche sono arrivate dalla comunità nera del Sud Africa che ha tenuto a precisare che la Coppa del Mondo non ha cancellato con un colpo di spugna le divisioni e gli odi rimasti anche alla fine della politica dell’Apartheid, ed ha rimproverato un carattere semplicistico alla pellicola (137 minuti). Ma “Invictus” è un film che parla anche di due uomini, che entrano l’uno nello sconosciuto mondo dell’altro. Un leader che imparerà a memoria i nomi di tutti i giocatori di una squadra da sempre simbolo della discriminazione razziale, contro cui aveva tifato durante tutta la reclusione. E un capitano di una squadra di rugby che conoscendo chi, dopo una prigionia disumana, è pronto a perdonare coloro che lo hanno condannato capirà l’importanza di cambiare se stessi quando le circostanze lo impongono altrimenti: “come posso chiedere agli altri di cambiare? ”. La poesia di William Ernest Henley, scritta da un letto d’ospedale e cara a Mandela per aver alleviato il suo dolore durante il carcere, recita in un passo :“Io sono il padrone del mio destino: io sono il capitano della mia anima”, perché Invictus, non vinto, non è l’uomo, ma l’anima.