Roma, mercoledì 27 novembre 2013 – In prima assoluta arriva al Teatro Vascello di Roma, questa sera e domani alle 21, lo spettacolo di danza contemporanea Van Gogh, coreografato da Loris Petrillo e interpretato da Nicola Simone Cisternino. La pièce, definita dall’autore una performance fisica della durata di 60’ circa, è stata ideata partendo dalla drammaturgia di Massimiliano Burini e da un’idea, o meglio un’interpretazione, della vita e della personalità di Vincent Van Gogh, avanzata da Renzo Ovidi, medico chirurgo e caro amico del coreografo. Secondo Ovidi Van Gogh sarebbe stato affetto da una grave sindrome carenziale affettiva, probabilmente indotta dalla famiglia, che avrebbe gettato l’autore de «I Girasoli» e di alcune tra le più sorprendenti e indimenticabili opere pittoriche dell’arte occidentale nella follia fino a giungere all’atto estremo di autolesionismo: il suicidio.

Una teoria interessante, che spiegherebbe i comportamenti di Van Gogh, il fascino della sua poliedrica personalità, l’uso personale del colore, come emanazione di uno stato d’animo tormentato, e di conseguenze la sua fortuna postuma. Ovidi si spinge anche ad ipotizzare che con una apposita cura psicoanalitica si sarebbe potuto salvare Van Gogh, fermandolo prima di giungere nella notte fonda della follia, che tanti autori “maledetti”, vissuti tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento hanno abbracciato. La psicanalisi forse avrebbe salvato l’uomo Van Gogh, ma avrebbe di sicuro ucciso la sua immensa pittura, che ci affascina a così grande distanza di tempo e grazie alla quale noi oggi studiamo la vita e la biografia di Van Gogh.

Dall’acquisizione incrociata della lettura clinica di Renzo Ovidi e di quella poetica e teatrale del regista e drammaturgo Massimiliano Burini, Loris Petrillo rielabora un’idea personale del caso, che sviscera attraverso la fisicità dell’unico performer in scena in una sequenza di quadri coreografici e teatrali, presentati in un ordine temporale casuale, ma incastonati secondo un istinto creativo. Ogni quadro rievoca un sentimento o uno stato “patologico” del pittore: la sindrome depressiva generata dal forte bisogno di affetto; la ricerca di comunicazione con suo fratello Theo; la vocazione alla professione di predicatore; l’angoscia e l’inquietudine che trasformano egli stesso in un corvo; l’entusiasmo del periodo luminoso e bucolico ad Arles; lo scompenso morale che lo conduce in una strada tortuosa fatta di crolli,collassi e cadute morali; l’autolesionismo come incapacità di subliminare la propria sofferenza; la totale crisi personale che lo condurrà alla scelta estrema di morire.

Van Gogh è uno spettacolo versatile nella sua struttura registica che si adatta alla perfezione al palcoscenico, ma che potrebbe essere portato, grazie alla sua impostazione installativa, anche in altri contesti. La scena è neutra, come una tela incontaminata che va riempiendosi di elementi, immagini, azioni e sguardi che rievocano tutta la natura del personaggio secondo la lettura personale di Loris Petrillo.