Alla disposizione del governo di Buenos Aires che il vescovo negazionista lasci il Paese entro dieci giorni, la Santa Sede risponde no comment, come i lefebvriani

di Lilly Amato
lamato@lacittametropolitana.it

Roma, venerdì 20 febbraio 2009 – Ieri sera l’Argentina, uno dei paesi del mondo in cui i lefebvriani sono più presenti, ha disposto che il vescovo negazionista Richard Williamson lasci il Paese in un termine perentorio di dieci giorni, pena l’espulsione. Né i lefebvriani, né il Vaticano hanno commentato il provvedimento. Il portavoce della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, ha comunicato solo il no comment. Il ministro degli Interni argentino, Florencio Randazzi, ha intimato a Williamson l’abbandono del territorio per irregolarità nella sua documentazione. Williamson avrebbe, infatti, nascosto di esser sacerdote e direttore del seminario lefebvriano a Moreno, nei dintorni di Buenos Aires. Il dicastero argentino ha precisato che il vescovo ha dichiarato il falso ripetutamente sul vero motivo della sua permanenza nel Paese, giacché "dichiara di essere un impiegato amministrativo dell’Associazione Civile La Tradizione". Williamson è stato da poco allontanato dall’incarico che occupava vicino Buenos Aires e sostituito alla guida del seminario che dirigeva dal 2003 a La Reja.

Ha reso noto tale allontanamento padre Christian Bouchacourt, responsabile per l’America Latina della San Pio X: "Un vescovo cattolico può parlare con autorità ecclesiastica solo su materie riguardanti la fede e la morale. Le affermazioni di Williamson non riflettono in modo alcuno la posizione della congregazione". Da giorni la Chiesa argentina continua a puntualizzare di "non avere alcun contatto" con i lefebvriani residenti a Buenos Aires. Così Jorge Oesterheld, portavoce della Conferenza episcopale del paese sudamericano. Dopo che il Papa aveva chiesto una ritrattazione a Richard Williamson, il vescovo negazionista si è, al contrario, mantenuto fermo sulle proprie posizioni, dichiarando in un’intervista inviata via fax a Der Spiegel di essere pronto a ravvedersi "solo quando troverò prove sull’Olocausto, fatto per il quale ci vorrà tempo". Benedetto XVI, che con la revoca della scomunica a Williamson ha rischiato di provocare la rottura delle relazioni con il Rabbinato d’Israele, ha continuato a mostrare solidarietà agli ebrei ricordando la Shoah: "Mi ritornano alla memoria le immagini delle ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager in cui si è consumato l’eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso".

Chiamato, nei giorni scorsi, a dare chiarimenti dalla Cancelliere tedesca Angela Merkel, adesso nuovi chiarimenti sono chiesti al Vaticano dagli stessi lefebvriani, sempre sulla revoca della scomunica di Williamson, per la cui discussione non è stata ancora stabilita la data. Mons. Bernard Fellay, superiore della fraternità San Pio X, dichiara che "i chiarimenti relativi al Concilio Vaticano II sono urgenti" ed auspica una maggiore chiarezza dottrinale per l’intera Chiesa. Ha inoltre precisato che la fraternità cerca non solo un accordo canonico con Roma, ma anche una soluzione sul fondo del problema "che sta nella crisi dottrinale e morale della Chiesa". Fellay, prima del provvedimento dell’Argentina di allontanare Williamson dal Paese, aveva raccomandato di lasciar tempo al vescovo, sollecitato a dare spiegazioni sulla Shoah: "Il vescovo si farà carico delle proprie responsabilità e darà una risposta sincera e vera".

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