Il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano

Una carriera fulminate. Figlio d’arte, nato tra le fila della vecchia DC, sposò la causa di Forza Italia. Angelino Alfano in poco più di 10 anni diventa deputato regionale, nazionale ed infine Ministro della Giustizia: il suo passato ed il lavoro come Guardasigilli

Il Ministro della Giustizia, Angelino Alfanodi Andrea Aidala
aaidala@lacittametropolitana.it

Roma, sabato 21 marzo 2009 – Personaggio relativamente nuovo sulla scena politica nazionale che in pochi anni, spinto dal forte sostegno del premier Silvio Berlusconi, si è ritrovato ad occupare prima la poltrona di deputato dell’Assemblea regionale siciliana, poi quella di parlamentare della Repubblica, ed infine la carica di Ministro della Giustizia.  Parliamo dell’Onorevole Angelino Alfano. Figlio di un vecchio colonnello della DC agrigentina, mosse i primi passi in politica nella forte ed ormai defunta Democrazia Cristiana, ma, come del resto tanti altri appartenenti al suo stesso partito, nel 1994 aderì al progetto Forza Italia.  Poco più che trentenne si è ritrovato ad occupare la carica di Guardasigilli ed in tale veste promotore di riforme tra le più discusse e forse più contestate della storia d’Italia.

Prima tra queste l’immunità per le quattro più alte cariche dello Stato. Il provvedimento, varato dal Governo Berlusconi e divenuto legge il 22 luglio 2008, prevede la sospensione dei processi penali nei confronti del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio e dei Presidenti di Camera e Senato per l’intera durata del loro mandato. Un’approvazione a dir poco fulminea da parte del Parlamento che ha suscitato forti polemiche e duri scontri in aula, principalmente a causa di una fatale coincidenza: l’imminente conclusione del processo a cura del tribunale di Milano che vedeva alla sbarra per corruzione in atti giudiziari l’avvocato inglese David Mills insieme allo stesso premier Silvio Berlusconi. L’avv. Mills, inscritto nel libro paga Fininvest, è stato giudicato poi colpevole per corruzione in atti giudiziari e condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione.
Oltre ad essere stato considerato un provvedimento concepito unicamente per salvare il presidente del Consiglio da una possibile condanna, il lodo Alfano è stato oggetto di critica da parte del Pd sul fronte di una eventuale illegittimità per violazione dell’articolo 1 della Costituzione, che sancisce il diritto agli eletti dal popolo di esercitare la funzione governativa nei limiti sanciti dalla Costituzione stessa, e dell’articolo 3 che stabilisce il principio d’eguaglianza dinnanzi alla legge. Eccezioni su cui ancora la Corte Costituzionale non si è espressa.

Ma il giovane Ministro Alfano, a pochi mesi dal suo insediamento, si è mostrato determinato a fare quello che nessuno al suo posto era mai riuscito a compiere: riformare la giustizia cercando di raggiungere l’obbiettivo di sempre, un processo “rapido e giusto”. In breve, la bozza di riforma del procedimento penale, approvata dal Consiglio dei Ministri, mira, oltre alla progressiva digitalizzazione del procedimento giudiziario, a limitare le prerogative del Pubblico Ministero attraverso una maggiore autonomia per la polizia giudiziaria, puntando al raggiungimento della parità tra pm e difesa, realizzando così, sono parole dello stesso Alfano, “piena applicazione all’articolo 111 della Costituzione”.
Ma non è tutto. Il Governo, a voce dello stesso Berlusconi, avrebbe inoltre l’intenzione di completare la riforma inserendo all’interno del provvedimento il principio in base al quale un cittadino assolto non potrà essere più chiamato ad un secondo o terzo grado dagli avvocati dell’accusa.

Anche la riforma del processo civile rappresenta una vittoria personale per il Guardasigilli con “l’introduzione dello strumento della mediazione civile, finalizzato a una conciliazione stragiudiziale delle parti; l’inserimento del processo sommario di cognizione, più snello e alternativo al rito ordinario; la semplificazione dei riti attraverso la riconduzione di tutti i procedimenti ai tre modelli processuali previsti dal codice di procedura civile, la soppressione del farraginoso rito societario e l’applicazione del rito ordinario per le cause in materia di sinistri stradali”. Il provvedimento prevede, inoltre, “l’introduzione di un filtro per l’ammissibilità dei ricorsi in Cassazione, la previsione di uno strumento di coercizione nei confronti del debitore per ogni giorno di inadempienza di alcune tipologie di obbligazioni; l’inserimento di sanzioni processuali a carico di chi ritarda, con il proprio comportamento, la conclusione del processo; la previsione di ulteriori misure per l’efficienza del processo civile, quali l’aumento delle competenze del giudice di pace, la semplificazione della fase di decisione delle controversie, la riduzione dei tempi per il compimento dei singoli atti processuali e la prova testimoniale scritta, previo accordo tra le parti”.

L'ex magistrato, Luigi De MagistrisMa non solo la modifica dei processi ha occupato le giornate del Ministro Alfano. Questi ha dovuto affrontare una questione molto delicata: lo scontro tra le procure di Salerno e Catanzaro. L’On. Alfano ha mostrato mano ferma ordinando il trasferimento di ben 7 magistrati di Salerno, che hanno messo sotto inchiesta i colleghi di Catanzaro e che hanno firmato il sequestro del fascicolo “Why not”, nonché la sospensione dalle sue funzioni e dallo stipendio per il procuratore capo, Dr. Luigi Apicella.

Prossimo traguardo per il Guardasigilli pare sia la discussa regolamentazione delle intercettazioni telefoniche. A far scoppiare il caso la vicenda De Magistris e la scoperta del cosiddetto archivio Genchi. L’argomento risulta scottante e di non facile risoluzione. L’opposizione unita ha chiesto il ritiro del ddl concertato dal Governo poiché crede questo possa compromettere l’esercizio dell’attività investigativa. Eventuali ipotesi di modifica di tale provvedimento riguardano “l’articolazione dei divieti di pubblicazione degli atti e le pesanti sanzioni per i giornalisti che infrangono i limiti di pubblicazione delle intercettazioni destinate a essere distrutte” e gli "evidenti indizi di colpevolezza" che dovrebbero essere riscontrati per fornire l’autorizzazione alle intercettazioni.

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