Duro scontro durante la Direzione Nazionale tra i due principali fondatori del PdL. Berlusconi: “Devi lasciare la Presidenza della Camera”. Fini: “Che fai mi cacci?”. Guerra di numeri sui firmatari del documento finale

di Massimiliano Bianconcini
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Roma, venerdì 23 aprile 2010 – Dopo la clamorosa lite in diretta tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, che ha spaccato il PdL in due opposte fazioni, è scattata l’ora della conta. A lavori appena terminati le agenzie di stampa e i titoli dei giornali davano atto di una schiacciante maggioranza per i sostenitori del Premier, firmatari di un documento finale contro le correnti interne. 171 contro 11 finiani convinti. Una maggioranza in grado di espellere, senza troppe ripercussioni sulla tenuta numerica delle due Camere, il Presidente Fini e quanti lo hanno seguito in questa sua avventura, che a detta della Mussolini sa più di “suicidio” politico. Se queste sono le proporzioni, un 6% di dissidenza interna, secondo le precisazioni di Loris Verdini, uno dei coordinatori del PdL, la partita sarebbe già chiusa prima di iniziare. Ma allora che fine hanno fatto i firmatari della “mozione Fini”, chiamiamola così, presentata prima della riunione della Direzione Nazionale, circa 55 tra parlamentari, senatori e europarlamentari? In effetti i conti non tornano. Nella mattinata di oggi, dopo i titoli dei media nazionali, sono arrivate le precisazioni della minoranza finiana, che già vede ristretti i rubinetti dell’accesso all’informazione.

«Verdini è un furbo manovriere di assemblee, ha contato solo i contrari, non i favorevoli e i numeri del documento finale sono errati" – ha dichiarato Italo Bocchino su LA7 -. Hanno votato una sessantina a favore e 13 contrari i numeri sono questi e non 171 a 12, visto che eravamo in tutto 171». Benedetto della Vedova, altro finiano doc, da parte sua contesta il conteggio dei voti al documento finale. A “Repubblica TV” ha spiegato: «Siamo 15 su 60. Quindi quel 6% rischia di diventare un 25%. Se fossero 11 parlamentari tra Camera e Senato non si sarebbe posto il problema. Ovviamente sono di più». Inoltre è uscita oggi la conta di quanti sindaci, assessori e amministratori facciano parte della componente vicina a Fini. Perché comunque bisogna tenere conto che l’attuale Direzione Generale è composta da senatori e deputati eletti con le liste bloccate e votate anche dagli elettori ex AN. Quindi bisogna capire di quale entità sia il radicamento sul territorio delle due componenti del PdL e i reali rapporti di forza. Un lancio di agenzia (fonte Adnkronos) afferma ad esempio che nel Lazio tutti i consiglieri regionali del PdL sono in quota Berlusconi. Un’asserzione che però contrasta con quanto sta avvenendo sulla spartizione degli assessorati tra ex FI e ex AN, che sta mettendo in difficoltà la neo Presidente Polverini.

C’è comunque da registrare la profonda spaccatura all’interno delle file di AN con tutti i colonnelli di Fini che gli hanno voltato le spalle. Gasparri, La Russa, Matteoli, Meloni sembrano aver abbandonato il loro vecchio leader. Con loro buona parte di senatori e deputati provenienti dall’area ex AN. Questa spaccatura però rischia di offuscare quanti in FI vivono con insofferenza la mancanza di confronto interno e lo schiacciamento acritico sulle posizioni leghiste. Non a caso Pisanu si è astenuto e con lui qualche altro esponente del PdL. Ma il numero della minoranza è destinato ad aumentare ancora, specie se Fini terrà duro dimostrandosi capace, come ha fatto finora, di contrastare il “leader maximo” del Popolo delle Libertà. La partita è appena all’inizio. Anche perché il vero banco di prova sarà il Parlamento, dove si dovranno votare i provvedimenti del Governo e le Leggi sulle intercettazioni telefoniche. Berlusconi, che non voleva restare impallinato in questo momento sembra sulla graticola, mentre il Presidente Fini continua a ripetere che non si dimetterà dalla Presidenza della Camera e dal Partito. Solo una clamorosa espulsione o le elezioni anticipate potrebbero togliere il macigno  che sbarra la strada al Premier. Berlusconi cercherà di uscire dall’angolo e chiudere la partita subito. Non può permettersi le forche caudine del voto segreto in Parlamento.