Roma, giovedì 3 ottobre 2013 – Ieri alle 13,38 circa il Governo Letta ha incassato la fiducia dell’intero Pdl, annunciata per bocca dello stesso Silvio Berlusconi. Così dopo i sussulti di un fine settimana infuocato e il martedì di passione, dove una parte del Pdl, capitanata da Alfano, ha deciso di andare allo scontro frontale con Berlusconi, tutto apparentemente si è ricomposto. Il governo delle larghe intese prosegue con grande sollievo della comunità internazionale e buona pace di M5S, Lega, Sel e parte dello stesso Pdl. La domanda è perché è potuto accadere tutto questo? Cosa era cambiato dal 25-26 settembre, quando tutto sembrava chiaro nelle file del partito di Berlusconi e le truppe viaggiavano compatte contro il Pd e la sua battaglia legale? È chiaro che le sorti e il bene dell’Italia in questo frangente hanno avuto poca rilevanza tra le file del gruppo dirigente del Pdl. Quello che è andato in scena ieri al Senato è stato uno scontro tutto interno al partito del Cavaliere, tra i falchi e le colombe. Una guerra avviata per spirito di sopravvivenza politica dei giocatori in campo. È un altro conflitto di interessi che interessa la nazione, o meglio si disinteressa della nazione, e che ha portato alla scissione di fatto del partito. Berlusconi con una mossa abile e realista alla fine ha ceduto, avendo capito che il partito era spaccato e le sue armi spuntate. Il voto compatto delle truppe Pdl è servito per mascherare le ferite e prendere tempo, ma ormai è evidente che il partito è in mano ad Alfano e il fondatore adesso è spalle al muro.

I falchi, che fino alla condanna definitiva di Berlusconi in Cassazione erano rimasti in disparte, durante l’estate si erano ripresi la rivincita, addossando tutte le colpe della mancata vittoria alle elezioni e della condanna del Capo alle colombe, ossia al partito filogovernativo. Alfano e il gruppo dirigente più vicino, da Schifani a Cicchitto a Lupi a Quagliarello, sono così finiti al centro della guerra di posizioni. E al fianco di Berlusconi, leone ferito che reagisce d’istinto contro tutti e anche contro se stesso, sono saliti la Santanché, Capezzone, Verdini, forse Ferrara e pochi altri consiglieri pasdaran. Ieri una nuova fase si è aperta, che porterà al riposizionamento dei dirigenti pidiellini. Berlusconi è asceso al soglio di Padre Nobile del partito, probabilmente decadrà e sconterà la pena, sarà graziato e si limiterà a garantire l’unità del partito, sia esso Pdl, Forza Italia o altro. Ma la sua parabola politica è finita, ieri è andata in scena la sua Waterloo e adesso lo aspetta Sant’Elena. Il Pd per il momento esce vincente, ma le diverse anime che lo compongono presto torneranno a competere per la guida. Il capolavoro di Letta è compiuto. Il premier è più forte che mai, ha l’appoggio dei centristi del Pdl e del Pd, dei centristi tout court e di fatto ha reintrodotto la Dc. C’è da credere che il prossimo sistema elettorale tenderà verso quella direzione. Resta il fatto che tutto questo è accaduto sulle spalle degli italiani, con un Parlamento e un Governo semibloccato dal rischio elezioni anticipate, e come prima grave conseguenza l’innalzamento dell’Iva al 22%.

Infine rimane da discutere della parabola politica del M5S, che in questi giorni e in queste ore ha dimostrato di inseguire il tornaconto personale, piuttosto che il bene del Paese. Anche Grillo e C. sono afflitti da un loro personale “conflitto di interessi”, che come per il Pdl si traduce in un disinteresse delle sorti degli italiani. Andare alle lezioni con il Porcellum significava per Grillo e Casaleggio fare pulizia all’interno del Movimento, selezionare meglio la classe dirigente, trovare candidati giovani, inesperti ma soprattutto fedeli ad oltranza alla linea dei due guru. Questo e non altro ha prevalso nella logica politica dei leader del M5S. Il possibile commissariamento europeo, l’innalzamento delle tasse, la disoccupazione crescente, la sofferenza delle imprese, i suicidi di tanti imprenditori non sono stati messi al primo posto. Perché se così fosse stato il M5S per il bene degli italiani, di cui dicono di essere i portavoce, avrebbero da tempo messo da parte l’astio verso alcune persone e si sarebbero sporcati le mani. Avrebbero a priori e solo per il bene del Paese sorretto Letta in caso di rischio elezioni. Così non è stato. Inoltre, dulcis in fundo, la triste vicenda degli insulti e delle pressioni alla Senatrice Dal Pin, andate in scena ieri a Palazzo Madama sono la prova, se ancora ce ne fosse bisogno, della mancanza di libera dialettica al loro interno, che si spinge fino ad attaccare membri che da tempo hanno lasciato il Movimento. È il “metodo Boffo” spinto alle sue estreme conseguenze. Questo nuocerà terribilmente a Grillo e al Movimento, ormai assimilabile alla destra oltranzista della Santanché. L’unico modo che ha Letta di disinnescare ulteriormente queste due mine vaganti è prendere i giusti provvedimenti per gli italiani. Iniziando magari dal congelamento dell’Iva al 22%.