Roma, sabato 5 novembre 2011 – “Entro il 2035 l’80% della nostra energia dovrà esser prodotta da fonti pulite. Ciò è importante perché servirà a movimentare il capitale che attende certezze per investire in America e creare occupazione nel settore delle energie pulite” ha dichiarato sette mesi fa l’attuale Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Il mondo intero è ad un bivio, continuare ad inquinare l’ambiente utilizzando fonti di energia non ecosostenibile od in alternativa incentivare gli investimenti verso fonti di energia rinnovabile per migliorare la qualità della vita delle persone e dell’intero ecosistema nel pianeta. Le nuove tecnologie stan facendo notevoli passi in avanti per la riconversione delle risorse, ma non basta. A detta degli opinionisti più influenti nel campo delle Scienze Ambientali, come il canadese di origine ceca Vaclav Smil, occorre che i governi dei vari Paesi del mondo, nonostante la crisi economica imperante, diano maggiori incentivi all’innovazione. Importante è anche razionalizzare i consumi energetici ed optare per modi di produzione dell’energia rispettosi in senso ambientale. La creazione di un sistema energetico efficiente in grado di abbattere gli sprechi ed incrementare la produzione e nuovi posti di lavoro. I Paesi che non operano in tal modo, come ad esempio l’Italia, in cui manca persino un piano energetico nazionale, sono destinati a restare culturalmente ed economicamente arretrati.

“Le grandi rivoluzioni economiche hanno luogo quando nuove tecnologie di comunicazione convergono con nuovi sistemi energetici” afferma Jeremy Rifkin nel suo nuovo libro “La terza rivoluzione industriale”. Il grande economista e scrittore americano sostiene che da metà anni Novanta ha avuto inizio un vero e proprio cambiamento epocale che potrebbe condurre ad un’economia globale sostenibile. La diffusione d’internet e delle energie rinnovabili può fornire le basi per una nuova potente infrastruttura tecnologica in grado di mutare lo scenario mondiale rivoluzionando il sistema economico-produttivo e sociale dei vari Paesi della terra. Egli in futuro intravede la possibilità d’implementare una rete di condivisione intercontinentale di energia sostenibile in cui ogni individuo avrà modo di scambiare con altri l’energia prodotta in proprio vendendo il surplus. Una sorta di democratizzazione dell’energia tale da recare con sé una radicale riorganizzazione delle relazioni umane. Per Rifkin i cinque pilastri su cui dovrà poggiare questa nuova economia ecosostenibile sono: energia rinnovabile; impianti di microgenerazione di energia in tutti gli edifici del mondo; tecnologie d’immagazzinamento dell’energia; una rete mondiale di condivisione dell’energia; veicoli di trasporto in grado di acquistare e vendere energia attraverso la rete di condivisione. Se ciò avesse luogo si potrebbe parlare di un nuovo paradigma economico in grado di trasformare il mondo. Un nuovo modo di fare impresa potrebbe sposarsi alla conversione delle pratiche operative, ed il tutto sfociare in un nuovo contesto in cui il potere da gerarchico diverrebbe nodulare. La liberazione di un tale potenziale collaborativo giungerebbe a ristrutturare persino le relazioni umane.

 In Europa, ciò che occorre tristemente rilevare è la mancanza di una lungimirante programmazione energetica. L’Europa acquista dalla Cina materiali per la generazione di energia ecosostenibile – es. pannelli per il fotovoltaico – ma non tiene conto del fatto che quest’ultima, che non ha aderito al Protocollo di Kyoto nel 1997, per produrli alimenta l’industria a carbone, continuando ad inquinare. Il nostro Paese inoltre dalla fine dello scorso anno ha decurtato del 40% i fondi destinati ad incentivare le imprese investitrici in energia rinnovabile e con l’introduzione della Robin Tax energetica (L.148/11) ha sferrato un altro duro colpo a chi intendeva investire in energia rinnovabile. In pratica l’aliquota addizionale Ires a carico degli enti fornitori di energia è stata incrementata dal 6,5 al 10,5 % in un triennio fino al 2014. In conclusione la crisi economica sta erodendo il PIL per ogni dove, ma è anche vero che, senza un piano energetico incentivante a livello istituzionale, gli imprenditori italiani non sapendo da che parte dirigere gli investimenti è probabile che vengano tagliati fuori dal panorama competitivo globale. Da un recente sondaggio del sociologo Renato Mannheimer l’89% degli italiani si è dichiarato a favore delle energie rinnovabili, occorrerebbe che ne prendesse nota l’attuale Ministro dell’ambiente.