Roma, martedì 7 giugno 2011 – È dedicato ai giovani giornalisti il romanzo di Massimo Nava, Il Garibaldino che fece il Corriere della Sera. Vita e avventure di Eugenio Torelli Viollier, presentato di recente nella sede della Fondazione “Corriere della Sera” a Milano. Il volume di 278 pagine, edito da Rizzoli, si inserisce nel filone dei romanzi che celebrano l’Unità d’Italia nei suoi 150 di vita. Editorialista da Parigi per il “Corriere”, Nava ha pubblicato numerosi saggi. Si ricordano qui Kosovo c’ero anche io (1999), Milosevic, la tragedia di un popolo (2001), Vittime. Storie di guerra sul fronte della pace (2005), titoli attestanti il suo lavoro di inviato internazionale e corrispondente di guerra. Con Il Garibaldino è al suo secondo romanzo. Il primo, uscito due anni fa per la Casa Editrice Ponte delle Grazie, col titolo La gloria è il sole dei morti, ha per protagonisti Nino Bixio e i suoi fratelli. Già durante la stesura Nava aveva raccolto parte del materiale, confluito poi nella nuova opera, il cui protagonista è una figura rimasta in ombra fino a questo momento, Eugenio Torelli Viollier.

Fondatore del “Corriere della Sera”, abbraccia in gioventù la causa di Garibaldi partendo con i Mille. Ha inoltre la fortuna di lavorare fianco a fianco con Alexandre Dumas. Questi, in Italia per volere di Garibaldi, dal quale ottiene i fondi per creare “L’Indipendente” a Napoli, offre al nostro eroe la possibilità di imparare il mestiere del giornalista. Una professione che lo appassiona e che lo porterà alla creazione di una testata indipendente e obiettiva. “È un personaggio straordinario Eugenio Torelli Viollier, un risorgimentale a tutto tondo. Prendendo a modello i giornali francesi del suo tempo, volle portare quell’esempio a Milano. Convinto dell’indipendenza di giudizio dei giornalisti e del giornale che li rappresenta, pensava a un quotidiano capace di pubblicare anche notizie che dispiacciono”, afferma Nava durante la presentazione del libro e aggiunge: “Un cromosoma che vaga nella redazione del giornale ancora ai nostri giorni”. Ideali concepiti più di un secolo fa e che, per Nava, sono importanti nella formazione delle nuove generazioni di giornalisti.

Serena Epifani

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