Roma, mercoledì 21 dicembre 2011 – Dopo aver registrato il tutto esaurito lo scorso anno e aver vinto il premio “miglior spettacolo per valenza etica e per il gradimento del pubblico” al festival d’arte drammatica di Pesaro, ritorna dall’8 al 19 dicembre, al teatro delle Muse a Roma, la commovente commedia scritta da Claudio Morici e portata in scena dalla compagnia Specchio Rovescio, “un giorno lungo un anno”. Lo spettacolo è composto da due atti: il primo  si svolge il 19 Luglio 1943, il giorno del bombardamento di Roma da parte delle forze alleate, il secondo il 24 Marzo 1944, giorno reso noto alla storia per l’eccidio delle fosse ardeatine (“un dente loro sono dieci nostri”). Due giorni che hanno segnato la guerra di Roma e dei romani, fino a quel momento vissuta con una certa indifferenza e tranquillità da parte di una città “protetta” dal simbolo della cristianità. “A Roma non c’è la guerra, c’è il Vaticano” – recitano sul palco gli attori. E mentre il sipario chiude il primo atto e il rumore delle bombe muta l’espressione dei protagonisti scenici, la voce fuori campo annuncia il comunicato radio ufficiale che quel giorno dichiarò “Roma città aperta”.

Claudio Morici, nel raccontare le vicende di chi quella guerra l’ha vissuta in prima persona, non si limita tuttavia a descrivere gli umori e i fatti, a volte drammatici a volte divertenti, dei cittadini romani, l’autore vuole portare alla luce un progetto più grande, che è quello della memoria. “Credo che l’arte abbia anzitutto il compito di consentire di non dimenticare, di rivivere, in maniera anche critica, pagine della storia a volte frettolosamente consegnate ad un passato spesso poco storico” – dichiara in un intervista il regista-attore. L’argomento della guerra si è potuto trasformare da evento storico a soggetto teatrale grazie ad un racconto fatto all’autore da sua nonna, come egli stesso ha confessato. “Mi colpì il dettaglio del racconto. Ogni istante, ogni parola, ogni fatto aveva una valenza che andava oltre il normale racconto: era un fatto che restava nelle orecchie, negli occhi e nel cuore di chi quei giorni li aveva vissuti”. La memoria storica è quello che interessa a Morici, che con il suo spettacolo rende omaggio ad una “Roma sorniona e disincantata”, una Roma diversa da quella di oggi, come afferma egli stesso, ma che proietta nel mondo di oggi le vicende di quei giorni, nelle guerre che si combattono lontano dai nostri occhi ma che “entrano in casa improvvisamente”. E sicuramente con questo spettacolo Morici è riuscito a farci ricordare quei giorni. Il suo grande merito, però, è stato riuscirci facendoci sorridere.

di Lorenzo Fois

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