Roma, mercoledì 8 giugno 2011 – Chiara Anna Rebuffat è una ragazza di 24 anni, studentessa al Dams (Discipline delle arti della musica e dello spettacolo) presso l’università degli studi di Roma Tre. Come tanti giovani, è alla ricerca di un impiego dove possa incontrare l’arte e dar sfogo al suo estro. Ora accompagna agli studi moltissime attività che le permettono di affinare le sue competenze nel settore. Laureata alla triennale, studia regia teatrale in vista della laurea magistrale e collabora con il professor Giancarlo Sanmartano nella realizzazione di laboratori e progetti teatrali. Ha recitato nell’opera di Brecht “I drammi didattici”, diretta da Vania Castelfranchi al teatro Ygramul, e lavorato come scenografa e costumista in “Aereomoda futurista” al Palladium. Al momento è impegnata nella messa in scena dell’opera di Ibsen “Casa di bambola” con la regia di Carlo Quartucci, che sarà rappresentata il 9 giugno al Palladium in occasione del festival del teatro di Roma Tre. In contemporanea segue un progetto destinato allo svago dei più piccoli, dove il suo interesse per la recitazione incontra quello per il cioccolato, e più in generale per la gastronomia.

Puoi parlarci della tua iniziativa? Si chiama “Una merenda da favola”, è un laboratorio ludico per bambini dai 2 a gli 11 anni. Si tiene presso l’associazione culturale “La casa della pace”, nel quartiere Testaccio. L’idea è quella di accompagnare alla lettura delle favole giochi e attività inerenti, che possano far interagire i bambini tra loro e stimolare la loro creatività. Sono perlopiù lavori manuali, come il decoupage e la pasta di sale da modellare. Dopo i momenti di lettura collettiva i bambini vengono divisi in gruppi in base alla fascia di età, in modo da proporgli compiti che siano sempre alla loro portata. Le favole selezionate sono originarie di diversi paesi. Ve ne sono di buddiste, spagnole, celtiche. Credo sia veramente importante, ora più che mai, sensibilizzare i bambini verso il tema della multiculturalità. Come è facile intuire dall’intestazione, al momento ricreativo se ne aggiunge uno rifocillante, di cui io stessa mi occupo.

Dunque credi possa rivelarsi un esperienza istruttiva oltre che d’intrattenimento? Certo. I bambini, ritrovandosi in un ambiente sereno e fantasioso, entrano in contatto in maniera  naturale e sana. Ho avuto modo di osservare bambini con problemi familiari o semplicemente molto introversi aprirsi lentamente e riuscire a socializzare. Il nostro laboratorio inoltre incrementa la curiosità e l’interesse del bambino verso ciò che lo circonda, lo esorta a indagare i vari aspetti della realtà che traspaiono dalle favole.

Teatro e cioccolato, le tue più grandi passioni. Quale relazione hanno? Il mio motto è “Assaggia il teatro, mordi il cioccolato”. Colloco il teatro e il cioccolato in un rapporto analogico. A mio parere entrambi dovrebbero attirare, sedurre e coinvolgere sensibilmente il pubblico/consumatore, fino a stupirlo. È come quando, tentato da un cioccolatino, vieni colto di sorpresa dalla nocciolina interna. Così mi piacerebbe che il mio teatro fosse.

A tuo parere, quante possibilità hanno i giovani come te di mettere in piedi con successo una propria attività? Nessuna, sono pessimista al riguardo. A parte gli scherzi, penso sia necessaria molta fortuna, i giusti contatti e una buona dose di autostima. Credere nelle proprie capacità è fondamentale se si vuol far colpo sulla gente che conta. Io, ad esempio, ho avuto modo di conoscere la direttrice dell’associazione culturale, la stessa in cui seguo lezioni di flamenco, facendole assaggiare alcuni dei cioccolatini che mi dilettavo e che tutt’ora mi diletto a cucinare. Venuta poi a conoscenza  della mia passione per il teatro, mi ha proposto di lavorare al progetto.

Nel campo della culinaria tu sei autodidatta, credi sia necessario seguire un corso professionale prima di inserirsi nel settore? Assolutamente si, se ne vuole fare il proprio lavoro. All’inizio io l’ho presa come un gioco, cercavo le ricette su internet, sperimentavo gli ingredienti e mi applicavo finché non mi riuscivano. Con il tempo mi sono resa conto che ero portata e ora ho in programma di  seguire appunto un corso che mi possa avviare al mestiere.

Sogni e progetti futuri? Il mio sogno più grande è quello di aprire un locale, un caffè letterario stile parigino, misto tra il decadente e l’art nouveau. Un ambiente dove poter realizzare delle mostre d’arte, delle letture di poesie, dove ricreare dei momenti culturalmente stimolanti. Ho già pensato al nome ,“Chocolart”, il tutto sarà infatti accompagnato dalla degustazione di cioccolato artigianale.