Roma, mercoledì 10 giugno 2015 – Marco Vicenzi ha lasciato l’incarico di capogruppo Pd nel Consiglio Regionale del Lazio. Si è dimesso per essere stato citato nei verbali di Buzzi. Su di lui non ci sarebbero indagini in corso, però il suo nome è finito nell’informativa del Ros, perché avrebbe incontrato due volte Salvatore Buzzi per un emendamento da 1,8 milione di euro da dirottare sui Municipi di Roma. Non sono dimissioni preventive perché potrebbe scattare un avviso di garanzia. Infatti, il Consigliere e Capogruppo alla Pisana ha dichiarato a “la Repubblica”: «Io non sono uno che si intimorisce, però ad un esposizione mediatica forte ho pensato che fosse necessario anche da parte mia dare una risposta altrettanto forte. Io non voglio essere percepito come attaccato alla poltrona. C’è stato un danno di immagine e io voglio recuperare credibilità».

Ma perché dimettersi da Capogruppo PD dovrebbe essere decisivo per i cittadini che lo hanno eletto? Mica pensavano di eleggerlo capogruppo quando l’hanno votato. Pensavano piuttosto di eleggerlo in Consiglio Regionale, dove lui continua a stare. Ora, che per equilibri interni al Partito Democratico sia poi stato scelto come Capogruppo è una cosa che non riguarda gli elettori, ma gli altri membri del suo partito eletti in assise. Quindi, perché spacciare come atto di onestà morale e intellettuale, la rinuncia all’incarico di capogruppo. In fondo mica ha lasciato l’incarico di Consigliere Regionale, il ché avrebbe sottolineato ben altra tempra e forza d’animo. Così come non è uscito, per il momento, dalle Commissioni regionali di “Vigilanza sul pluralismo dell’informazione” e quella più delicata delle “Politiche sociali e salute”, dove in entrambe continua ad essere membro.

Sia ben chiaro, secondo le leggi in materia, si è innocenti fino al terzo grado di giudizio. Nel caso specifico di Vincenzi non c’è nemmeno indizio di reato. Il Ros farà sicuramente ulteriori accertamenti, ma tutto potrebbe semplicemente finire in una bolla. Cosa che auguriamo di cuore al Consigliere Vicenzi, e anzi proprio per questo non si capisce perché si ritenga in dovere di lasciare incarichi, visto che non ci sono reati. Quello che qui si contesta però è altro. È il fatto di rilasciare interviste e andare sulle cronache dei giornali per un fatto che non c’è! Ossia non è fondamentale che Vicenzi lasci l’incarico di Capogruppo Pd, perché lo ripetiamo non riguarda i cittadini, ma semmai gli iscritti al partito e i suoi colleghi in Consiglio Regionale. Per i cittadini invece riguarda se è o non è consigliere regionale.

Per cui se davvero Vicenzi voleva dare quel segnale forte, che rivendica con orgoglio nelle pagine dei quotidiani, se voleva dimostrare di non essere attaccato alla poltrona, doveva dimettersi da Consigliere Regionale, cioè doveva lasciare la poltrona. Perché, parliamoci chiaro, se soldi pubblici sono stati stornati da progetti importanti e girati dove il clan di Mafia Capitale aveva maggiori interessi. Se soldi pubblici sono stati spesi e gestiti male, senza attenzione e irresponsabilmente. Allora è di fronte ai cittadini-elettori che bisogna rispondere, perché da loro viene il mandato pubblico e a loro si sono chiesti i voti necessari e per conto loro si amministrano i soldi pubblici. L’incarico di capogruppo non ha nulla a che vedere con il mandato elettorale e quindi tale rinuncia non riguarda i cittadini e non può essere indicata come un atto di assunzione di responsabilità di fronte all’opinione pubblica. È semmai un atto di chiarezza interno al partito di appartenenza. Rimane il fatto che allo stato attuale delle cose non era nemmeno dovuto o richiesto.

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